Mente e esperienza estetica
Di Ugo Morelli. Se si considerano gli ultimi dieci anni di ricerca nel campo delle scienze cognitive e della psicologia della creatività e dell’innovazione, con un assiduo dialogo con i risultati delle ricerche neuroscientifiche applicate all’esperienza relazionale umana e all’esperienza estetica, è possibile accedere ad una visione meno mentalista ed idealista della creatività umana. Basti pensare alla starordinaria connessione che si ravvisa tra i segni paleolitici di Lascaux e i tratti elementari e originari di Basquiat. A partire da un’attenzione al tempo profondo dell’evoluzione, rispetto al quale, in epoche recentissime, abbiamo cominciato a creare segni per un altro, mostrando di sentire quello che l’altro sente, noi possiamo ora riconoscere di aver elaborato la nostra distinzione biologico-evolutiva verso una fenomenologia in cui l’immaginazione e la creatività hanno un ruolo costitutivo e generativo. Non nella ricognizione e rappresentazione del reale consiste l’esperienza del creare e del conoscere, ma nella considerazione della realtà in quanto cifra, codice rinviante all’ulteriorità del senso, a cui l’incompiutezza di ogni esperienza e la mancanza rimandano, proponendo già l’oltre e il possibile, come nell’insondabile magnetismo di alcune opere di Anish Kapoor. Quella mancanza propria di noi esseri che nasciamo neotenici, incompleti e incompiuti, e che all’incompiutezza dobbiamo lo spazio del possibile divenire e della capacità di creare mondi con l’immaginazione e la creatività. Le opere fotografiche della serie Site Specific di Olivo barbieri rispondono alla tensione tra l’infinitamente piccolo, un punto di fuoco, e l’infinitamente grande. Nella rottura di ogni orizzonte in cui potrebbe concludersi, sta sia il compimento della chiarezza razionale del conoscere, che la sua generativa incompletezza creativa che rinvia al “non ancora”. Fra tendenza alla semplificazione e tensione rinviante, si generano la creatività e la conoscenza, che sono possibili per la nostra continuità evolutiva originaria e le nostre caratteristiche emergenti, neurofenomelogicamente distintive. Il costante riferimento al cervello nell’opera di Jan Fabre pare proprio dialogare con questo fondamento naturale della nostra creatività. Del resto ognuno di noi si chiede come crea quotidianamente la propria vita e oggi sappiamo che ciò dipende da come il cervello media la cognizione sociale, le relazioni interpersonali e le interazioni affettive e cognitive nei gruppi, nelle istituzioni e nei contesti sociali. Sappiamo di essere una specie relazionale e nelle relazioni costruiamo anche la nostra esperienza estetica e le domande che la accompagnano senza sosta. Che cosa ci incanta di fronte a un paesaggio? Perché ci commuove una sinfonia? Quando ci perdiamo in un quadro o nelle forme di una scultura cosa ci sta accadendo? Perché creare o affrontare l’inedito, quello che prima non c’era, ci attrae e ci fa paura allo stesso tempo? Come può un verso di una poesia risuonare dentro di noi fino al pianto? Di che cosa parliamo quando parliamo di arte e di esperienza estetica? Quando il mondo arriva dentro di noi fino al punto di ispirarci una particolare esperienza di elevazione o quando generiamo qualcosa direttamente o siamo di fronte a qualcosa che altri generano, ma anche quando siamo presi e catturati da un paesaggio, da un tramonto, da una persona o da un fiore, ci troviamo nello spazio della meraviglia, dell’oltre, del non ancora. Quello spazio è l’esperienza estetica. E’ in quello spazio esistenziale che ci rendiamo conto che la bellezza fa venir voglia di creare. Proprio in simili circostanze possiamo riconoscere che la creatività per noi è composizione e ricomposizione almeno in parte originale di repertori disponibili. Ed è in quel gioco tra realtà e immaginazione che sperimentiamo il valore generativo della bellezza. Sia quando riguarda un’opera, una persona o una situazione, sia quando riguarda il nostro mondo interno e l’espressione e la realizzazione di noi stessi. Creatività ed esperienza estetica intervengono nella nostra vita ed emergono nelle nostre relazioni con gli altri: possono essere più o meno riconosciute nelle situazioni lavorative e nella vita quotidiana. Tutto dipende da quanto spazio, per la libertà d’immaginazione e di innovazione nelle relazioni interne abbiamo lasciato vivere nei luoghi dell’educazione, del lavoro e della vita. Tutto il lavoro, tra design e arte, di Ettore Sottsass, ad esempio, lo testimonia. La creatività, l’arte e l’innovazione sono perciò intimamente connesse. L‘ipotesi oggi più accreditata è che la nostra sia una specie naturalmente creativa, contraddistinta da una distinzione, la tensione rinviante, che ci porta a creare costantemente i mondi che abitiamo, fino alla creatività artistica che è uno dei vertici della creatività umana. L’esperienza della creatività umana si connette, inoltre, all’innovazione sociale, intesa come un processo di condivisione della creatività, mediante l’elaborazione dei vincoli e delle possibilità del riconoscimento. Ugo Morelli, è autore del libro Mente e Bellezza. Arte, creatività e innovazione, prost-fazione di Vittorio Gallese, Umberto Allemandi & C., Torino 2010. |