Lavoro e sostenibilità
Di Ugo Morelli Hic et Nunc Tra le strade che ci sono a disposizione per affrontare il tema del lavoro ce ne sono senz’altro due che facciamo fatica ad imboccare. La prima riguarda la riconversione e la seconda la redistribuzione. Riconvertire il modello di sviluppo verso la circolarità e la sostenibilità vuol dire puntare decisamente sull’auto-organizzazione delle economie e dei sistemi locali. In primo luogo per non subire passivamente gli effetti della globalizzazione distinguendosi, in modo da valorizzare le specificità e i vantaggi competitivi del locale. Non si tratta né di decrescita, né di economia vernacolare, con ipotesi di ritorni indietro che non hanno alcuna possibilità di funzionare, in quanto non tengono conto delle aspettative e della motivazioni individuali e collettive. Da perseguire è invece un modello di sviluppo qualitativo in grado anche di valorizzare, in territori come quello trentino e sud-tirolese, la straordinaria tradizione che è stata capace per più di un secolo di combinare solidarietà, cultura e economia. Laddove la solidarietà non è solo la carità o l’insieme delle forme di aiuto ai più deboli – cose peraltro nobili e importanti – ma forme organizzative in cui la partecipazione e la considerazione di chi lavora, delle competenze e della qualità delle relazioni nella vita di lavoro, siano i criteri fondativi. Quella capacità di auto-organizzazione, per la quale i sindacati possono dare un contributo di particolare rilevanza, è probabilmente l’unica che può permettere di affrontare l’urgente questione della sostenibilità e della circolarità e, quindi, del rispetto delle forme di vita di cui siamo parte, delle specie diverse della Terra e della Terra stessa in quanto organismo vivente. Anche queste sono tematiche in cui ogni questione locale è già globale e viceversa. Come sostiene Vandana Shiva, nel suo ultimo libro con Kartikey Shiva, abbiamo bisogno di uscire da una logica in cui non solo semi e piante, ma ogni organismo vivente, valgono solo se entrano nei circuiti industriali dei prodotti standard. In quella prospettiva tra una sedia e una pianta non c’è alcuna differenza, e gli animali e anche gli esseri umani tendono ad essere trattati allo stesso modo. Per questo pare importante considerare anche il ruolo della redistribuzione, sia del lavoro, della sua quantità e della sua qualità, che delle opportunità di crescita e autorealizzazione individuale e collettiva. Oggi la sperequazione tra garantiti e tutelati da un lato, e precari di diverso tipo dall’altro è molto elevata. Non solo, ma vi è per chi lavora spesso un carico alienante e stressante, per tempo e responsabilità. È forse il caso di ripensare alle forme di tutela e rappresentanza, unitamente alla redistribuzione, ridefinita nei tempi di lavoro, della opportunità lavorative. Modello di sviluppo e forme di organizzazione del lavoro possono essere una prospettiva di impegno e innovazione nelle economie locali. |