Ma come va a finire?
Di Ugo Morelli Hic et Nunc Ve le immaginate le formiche di un formicaio impegnate a sistemare gli effetti di un rigagnolo che ha rovinato una piccola parte della loro casa, complimentandosi con orgoglio per le proprie capacità di risanamento, mentre non si accorgono che un’inondazione colossale sta arrivando e porterà via bosco e formicaio? Non è finita. Un’altra cosa quelle formiche concentrate su se stesse non vedono di non vedere. Nel tempo in cui vivono le cose non accadono una alla volta. Le tempeste e le piogge violente avvengono contemporaneamente alla siccità e sono una causa dell’altra. E questo per la loro mentalità è difficile da mettere insieme. Usciamo di metafora e lasciamo le formiche alla loro saggezza, anche perché viene il sospetto che sia maggiore della nostra. Nello stesso giorno si legge sui giornali che in Val di Fiemme si celebra il proprio orgoglio per come è stata affrontata Vaia. Nulla da dire sull’attivismo comunitario. Ci mancherebbe. Basterebbe avere uno sguardo un poco più ampio e vedere che Vaia non è solo un problema di smaltimento dei legnami o di boschi distrutti, ma è un indicatore di un cambiamento più ampio, più grande, epocale, come si dice, e comportarsi di conseguenza. Ad esempio tutelando le acque e non realizzando l’ennesimo invaso per l’acqua per poter perseverare un modello di sviluppo che avrebbe richiesto da tempo di essere rivisto. Ma non è così. Come se non bastasse il Comune di Trento ne imita il modello e, in una sola notte, una compagine di governo della città, litigiosa su tutto, trova l’accordo per realizzare un invaso sul monte Bondone. Ma allora? Cosa sta succedendo? Perché una tenace propensione a non cambiare persiste? Cosa hanno chiesto negli ultimi mesi coloro che vivranno dopo di noi e erediteranno questo nostro mondo? Si resiste a cambiare anche con l’appoggio politicamente corretto di chi, come una giaculatoria, continua a dire che bisogna cambiare cultura ma poi propone il cemento come strategia. E di chi, spiace dirlo, da studioso fa ragionamenti tiepidi per conservare protagonismo e poltrone, non disturbando il manovratore. C’è da pensare che quando gli archeologi del futuro, se ce ne saranno, analizzeranno questo presente amaro, si accorgeranno che una sola specie, la nostra, in due o tre generazioni, immettendo gas serra nell’atmosfera, ha riscaldato il pianeta gonfiando il livello dei mari; ha acidificato gli oceani; ha decretato il successo di se stessa distruggendo la metà di tutte le altre; ha quasi esaurito le acque potabili inquinando quelle restanti; ha consumato senza limiti i suoli e le condizioni della propria vivibilità. Il tutto ritenendosi orgogliosamente e letteralmente una forza della natura. La differenza tra noi e gli altri animali è che noi lo sappiamo che può andare a finire così. |