In attesa di dialogo
Di Ugo Morelli Hic et Nunc La realtà è complessa e richiede azione, non si accontenta di parole. Chi amministra, oggi, tende ad ascoltare poco chi fa ricerca. Anzi snobba i risultati come “teorie”, soprattutto se contraddicono scelte sbagliate. Eppure la democrazia è dialogo. Il dialogo è l’esperienza intersoggettiva umana che tende all’unità ma è efficace solo se salvaguarda la diversità e le differenze. È perciò un conflitto generativo: un’incontro tra differenze che tende alla cooperazione interpretativa e al comune, e vi riesce se è capace di contenere l’unicità irriducibile di ognuno dei dialoganti. Per molti aspetti potremmo sostenere che il dialogo corrisponda all’elaborazione stessa di questa contraddizione costitutiva. Ne deriva che è l’ambiguità, probabilmente, l’ambiguità non l’equivoco, a distinguere l’esperienza del dialogo. Un’ambiguità, pure essa costitutiva, in quanto contiene allo stesso tempo l’autonomia e la dipendenza che rendono possibile ogni relazione. Se si nega la dipendenza dagli altri, anche quando si è al comando, si preparano guai, anche per chi comanda. Il divenire e l’incompiutezza occupano uno spazio cruciale nel dialogo e creano ad un tempo l’ambiente necessario al dialogo stesso. La dimensione generativa del dialogo è la stessa che contiene il suo rischio: ciò autorizza a parlare di azione che sta nell’enunciazione, con riferimento a quanto l’agire dialogico produce, crea, con la sua espressione, intervenendo nella costruzione dell’esperienza relazionale. Dire è fare. Avremmo allora bisogno di dare spazio alla forza del sogno e della creatività, porre un inizio di discontinuità rispetto al presente. Le idee per essere credute hanno bisogno di un anticipo di corpo, di azione. Governare è anticipare, è l’arte di immaginare soluzioni non ancora immaginate. I veri sognatori sono persone pratiche. Siamo chiamati oggi a nuove primavere, ad andare incontro al futuro, non stare lì ad attenderlo, o inchiodati nel presente. Dobbiamo inventare forme di convivenza nuova, basate sulla diversità, in quanto gli altri sono il termometro della nostra umanità. Siamo fragili e divenirne consapevoli è la condizione per essere forti. Si allontana la fragilità degli altri per non riconoscere la propria. La nostra oggi è una società debole che si crede forte. Le tecniche sono importanti ma il primo strumento resta sempre la relazione. Viviamo una sola e complessa crisi che è socio-ambientale. Dovremmo sviluppare il sentimento di appartenenza non di possesso. Un vero approccio ecologico diventa sempre più un approccio sociale in quanto è necessario saldare i diritti umani con i diritti della natura, saldare la giustizia sociale e l’ecologia. Su queste ed altre cose vorremmo poter dialogare con chi governa, per un futuro delle nostre comunità. |