Riflettere su inquinamento e clima

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


Chissà se la mostra di opere fotografiche che apre al Muse ci aiuterà a prendere coscienza dei rischi relativi ai nostri comportamenti distruttivi dell’ambiente di cui siamo parte e in cui viviamo. Il titolo della mostra, “Not in my planet” propone un salto di qualità rispetto al nostro abituale modo di fare e ragionare sull’inquinamento, l’ambiente e il clima. È stato ed è, infatti, “Not in my back yard” il motto costante dei nostri comportamenti: non nel mio giardino. Protesto per l’inquinamento delle antenne per i collegamenti del cellulare se sono installate vicino a casa mia, ma mi arrabbio ancor di più se in una zona non c’è servizio o il servizio è scadente. Tutti dovrebbero usare i mezzi pubblici o le scale e non l’ascensore, tranne me. E così via. Dal 12 aprile, al MUSE, sarà possibile riflettere sugli effetti dei nostri comportamenti, visitando la mostra "Not in my planet", dove sono esposte una serie di opere fotografiche della pluripremiata fotografa Mandy Barker: immagini di grande impatto visivo composte da rifiuti - sfuggiti al riciclaggio - finiti nelle acque del mare e infine sulle coste. L’obiettivo della fotografa si è concentrato a catturare immagini che sollecitano emozioni e riflessioni particolarmente impegnative. L’auspicio e che quelle immagini raggiungano la nostra attenzione e ci facciano riflettere su quello che è forse il principale problema che affligge i nostri giorni: l’inquinamento e l’incredibile abbondanza di rifiuti. Le sezioni della mostra sono costruite con fine competenza psicologica e dovrebbero svolgere una funzione educativa e di supporto alla presa di consapevolezza. Le fotografie, infatti, mirano a stimolare una risposta e una reazione in chi osserva, che dovrebbe invitare alla riflessione. Diciamo: “dovrebbe”, perché sappiamo che uno dei problemi su questi temi è la nostra capacità di rimozione o di assuefazione. Resistiamo a cambiare idea e comportamenti e al massimo ci esprimiamo con fiammate emotive, che poi non si traducono in comportamenti effettivi. Un rischio simile lo corre anche la manifestazione mondiale del quindici marzo. I rituali, si sa, spesso servono come forma di autoassoluzione. Osservando i detriti plastici marini o gli oggetti fisicamente ritrovati sulle spiagge o alla deriva negli oceani; o la massa accumulata in un’area dell’Oceano Pacifico settentrionale, nota come “macchia di rifiuti”; o le forme assunte da oggetti di plastica in mare, tali da sembrare quegli stessi animali per i quali quella plastica è fatale, possiamo svolgere considerazioni di particolare utilità per le nostre scelte di vita. Purché non commettiamo l’errore di dire che siccome si tratta del mare è un fenomeno lontano da chi vive in montagna. Altra tipica rimozione. Basterebbe risalire una montagna con una seggiovia, quando non c’è la neve, per rendersi conto che la situazione non è molto diversa.