Turbamenti insostenibili e necessari, ovvero: Tutta l'arte è contemporanea

di Ugo Morelli
Archivio Sezione Hic et Nunc

Socrate, che era Socrate, come ci riferisce criticandolo il suo discepolo Platone, era convinto che il passaggio dalla cultura orale a quella scritta avrebbe distrutto il sapere. Niente di più sbagliato e di più utile per accorgerci della nostra irrefrenabile tendenza a trasformare il nostro presente nell’unico presente possibile; a fissarci sull’esistente come se fosse l’eternità. Per rispondere alla nostra domanda di rassicurazione e di certezza. Quella domanda tende oggi a farsi ossessiva e ci porta  a negare o addirittura a tentare di distruggere l’espressione che ci perturba. Non riusciamo ad ascoltare quell’espressione e a configgere magari con essa, facendoci sollecitare dalla sua differenza e dagli interrogativi che ci suscita. L’attacco all’opera di Lara Favaretto a Trento, in occasione delle celebrazioni dei venti anni della Galleria civica, può essere letto in molti modi ma certamente parla della nostra propensione a farci dominare dal conformismo e a consegnarci alla consuetudine tiepida e rassicurante. Chissà cosa dissero i trentini di fronte allo sconvolgimento del paesaggio urbano da parte di Bernardo Cesio con l’edificazione di buona parte di quelli che oggi sono per tutti i luoghi simbolici per eccellenza della città. La domanda da porci perciò, di fronte alla performance artistica  di Lara Favaretto con il monumento a Dante Alighieri è se suscita in noi una ri-figurazione e rinnovate domande sulla presenza in quel luogo di un monumento al padre della patria. È importante domandarsi se non fossimo assuefatti al suo palese monito di civiltà al punto di non accorgerci più della sua presenza e se un gesto come quello dell’artista non ne attualizzi il messaggio e il valore. Che se ne discuta, anche animatamente, è certamente già un risultato. Persino che si attacchi l’opera cercando di sabotarla lo è. Ma vale la pena domandarsi di cosa stiamo parlando. Stiamo parlando di arte, e oggi abbiamo importanti sviluppi all’attivo nella ricerca per poter sostenere che probabilmente l’esperienza che ci deriva dall’arte si situa al punto di incontro tra l’opera e lo sguardo di chi la osserva. Sono pertanto gli sguardi densi dei valori e della cultura del presente il filtro con cui guardiamo ogni opera. In questo senso ogni opera d’arte è contemporanea e le reazioni ad essa parlano prima di tutto di noi. E non sembri un paradosso. Noi vediamo il Partenone con gli occhi delle donne e degli uomini del duemila dopo Cristo: quell’artefatto non era un’opera d’arte ma un tempio religioso quando fu edificato; i greci non avevano neppure la parola “arte” nel loro vocabolario; per loro c’era la “tekne”; il Partenone era dipinto di rosso e noi al solo pensiero inorridiamo. Ciò non vuol dire che non sia importante la memoria ma il miglior modo per farla vivere non è fossilizzarla ma metterla in dialogo col presente. Non solo. È altresì importante chiedersi cosa genera di originale il presente  e non trasformare il mondo in un museo. Lara Favaretto ha posto in tensione una presenza di particolare rilievo dello spazio e del paesaggio urbani con le domande del presente e ci induce a chiederci cosa può dire a noi un ri-ascolto del grande Dante. Per dirne solo una: ci induce a domandarci chi è straniero a chi, oggi, e chi deve essere  cittadino di quali luoghi su questo pianeta divenuto un villaggio. Un concetto è adoperato di solito come preteso discrimine: quello di autenticità. Ma autentico non è ciò che è sempre uguale a se stesso, ma ciò che è in grado di porre in tensione evolutiva il nostro mondo interno con il cambiamento della realtà, con espressioni autenticamente originali e innovative. Già Fabio Cavallucci (che ora si esprime con originalità in altre realtà per giunta private) e il suo progetto culturale hanno pagato l’introverso atteggiamento locale verso la cultura contemporanea; sarebbe bene non ripetersi. Il problema non è la discontinuità dei gesti e dei segni estetici, ma la loro qualità per aprire le menti e far pensare quello che non pensavamo più o non pensiamo ancora.