Non di sole competenze

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


immagineSarebbe bene fare un chiarimento una volta per tutte sulle competenze e sul ruolo dell’educazione e della formazione, per evitare non solo polemiche vuote ma, soprattutto, equivoci non sempre innocenti sul rapporto tra persona, educazione, formazione, e lavoro. E invece il confronto in parte polemico tra confindustria, sindacato e governo provinciale denota la solita confusione, come emerge dai servizi del Corriere del Trentino. Il punto di partenza non può che essere la Costituzione del nostro paese, che a chiare lettere stabilisce a cosa servono educazione e formazione: a formare le persone e la loro emancipazione culturale e civile. L’inserimento lavorativo è certamente una delle condizioni necessarie da perseguire, ricercando la massima reciprocità e corrispondenza tra scuola e lavoro, ma dovrebbe essere chiaro che una civiltà è fatta di cittadini emancipati e capaci di pensare il presente in libertà e giustizia, e non di soli prestatori di opere e di consumatori. Adriano Olivetti che ha lasciato una traccia fondamentale nel modo di fare impresa nel mondo, sosteneva che è l’impresa per l’uomo e non l’uomo per l’impresa, e chiunque abbia a cuore il vivere civile non dovrebbe dimenticarlo mai, pena conseguenze anche per le imprese e l’economia. Come sarebbe opportuno in una prospettiva democratica, ognuno dovrebbe fare la propria parte e dal confronto leale tra le parti scaturirebbe il meglio per tutti. Alle imprese tocca la responsabilità di investire, innovare, produrre beni per il mondo, e se il mondo li preferisce, ottenere risultati positivi di gestione con cui remunerare i fattori, prima di tutto il lavoro, il fisco e gli altri oneri per la produzione, guadagnando i giusti risultati. L’innovazione riguarda prima di tutto l’impegno all’aggiornamento continuo delle competenze professionali, accanto alla cura dei climi produttivi e della giustizia sociale interna ai luoghi di lavoro. Molto c’è da fare a questi livelli, come è noto, e la disattenzione alle persone e alle relazioni interne, insieme alla scarsa propensione all’innovazione, sono i principali fattori critici della gestione d’impresa, oggi. La domanda di professionalità delle imprese è concentrata allora su quelle che servono a loro oggi. Ha ragione, in questo senso, Franco Ianeselli quando sostiene che “il futuro non sono le mani”. Così come parlare di competenze, in particolare nella scuola elementare, è per molti aspetti un’aberrazione. I bambini devono crescere come persone e in civiltà e quando si fa un riferimento alle scuole superiori, la separazione tra saperi umanistici e tecnici è un’altra deformazione, principalmente per la penalizzazione dei primi, in un tempo come l’attuale e in un luogo come il Trentino, dove la conoscenza e l’innovazione sono i fattori critici per ogni forma di sviluppo possibile.