Tornare e scegliere
Di Ugo Morelli Hic et Nunc Che cosa sono le “ritenzioni terziarie” fornite dalle tecnologie della memoria? Dalla scrittura alfabetica ai mass media novecenteschi fino ai personal computer, ai tablet e agli smartphone, siamo in grado di produrre supporti durevoli ed esterni alla coscienza, che, in quanto dispositivi, ri-orientano gli stessi processi di attenzione e di memoria di noi tutti. Ce ne accorgiamo nella vita di ogni giorno, nell’educazione e nelle scelte elettorali: nella democrazia e nella vita quotidiana. Quegli stessi strumenti di cui non potremo più fare a meno, però, possono rovesciare e così neutralizzare gli effetti “tossici”, ossia velenosi, che stanno infliggendo sia agli individui che alle collettività. Questa possibilità non è gratuita e richiede investimento, principalmente educativo. Proprio quello che manca, sia nell’educazione delle giovani generazioni che nella formazione degli adulti. Considerando le influenze che le tecnologie hanno nella nostra vita, dovremmo essere indotti a prendere coscienza dei problemi profondi che si nascondono nelle pratiche educative e nella tecnologia digitale che ormai le pervade. Soprattutto se si pensa alle giovani generazioni. I ragionamenti dominanti tendono solo a demonizzare le nuove tecnologie, ritenendole le principali responsabili della de-soggettivazione individuale e collettiva attraversata dal mondo contemporaneo. Deve certamente esistere una via per usare in modo ‘intelligente’ i dispositivi informatici per combattere la “battaglia dell’intelligenza”, o meglio per l’intelligenza, cui sono oggi chiamati coloro che si ‘prendono cura’ dei giovani: la loro intelligenza è la vera posta in gioco, e può essere potenziata anziché indebolita dalla grammatizzazione informatica perché c’è una storia dell’intelligenza, ovvero perché l’intelligenza diviene. Una frequentazione degli ambienti educativi trentini mostra una pervasiva presenza di infantilismo intergenerazionale. Non solo, ma l’atteggiamento “prescrittivo” che i bambini assumono oggi nei confronti degli adulti (e lo assumono in quanto divinizzati da questi ultimi), ha molto a che fare con la carenza di attenzione profonda indotta dalla vita sugli schermi. Ciò significa porre l’accento sulla nostra plasticità cerebrale, sull’incompiutezza del cervello umano la cui “situazione neotenica”, cioè in sviluppo, può costituire una chance di auto-costruzione del soggetto ma anche, all’opposto, essere sfruttata per indebolire e inferiorizzare gli individui che crescono nei nuovi ambienti mediali. Ora, la caratteristica principale dei nuovi media è la iper-stimolazione sensoriale con cui bombardano i cervelli degli utenti: un eccesso di stimoli che provoca quell’incapacità di mantenere la concentrazione, cioè di prestare attenzione cosciente per più di dieci minuti, ben nota a chi lavora nel mondo della scuola ma ormai sempre più diffusa anche tra gli adulti. La hyper attention del multitasking impedisce la deep attention, l’attenzione profonda, riducendo la capacità introspettiva della coscienza e la rielaborazione critica degli stimoli (che comporta il ‘prendersi tempo’, cioè la riflessione) alla semplice funzione cerebrale dell’arco riflesso (l’istantaneo stimolo-risposta). Innescando una sorta di circolo vizioso, la difficoltà a concentrarsi spinge inoltre i ragazzi ad utilizzare stimolanti corticali in occasione dei compiti in classe, e sembra strettamente connessa al disturbo infantile dell’ADHD (attention deficit hyperactivity desorder), che insieme a dilessia e disgrafia colpisce una percentuale sempre più alta di bambini. Solo l’educazione ci potrà salvare, se finalmente decidiamo di investire non solo nella distribuzione di tablet e schermi ma anche nel potenziamento delle menti e delle coscienze. |