Paesaggio e conoscenza

Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc


Le elezioni per le Comunità di valle si avvicinano e vale la pena cercare di approfondire alcuni aspetti del loro senso e del loro valore. Seppur legittimi, i timori di burocratizzazione non possono far dimenticare che l’amministrazione dei beni pubblici non può essere ridotta alla pura logica dell’azienda privata. Soprattutto se, come si tende a fare, per azienda privata s’intende solo uno strumento per il profitto e non un’istituzione sociale che opera in un contesto e in un ambiente da cui trae le condizioni per esistere. Le Comunità di valle, oltre ad essere un’importante istituzione per la razionalizzazione amministrativa e il governo delle comunità locali e delle risorse territoriali, possono tendere soprattutto a creare un nuovo modello di sviluppo; possono aiutare a progettare il futuro del sistema locale nel mondo attuale. La nostra epoca è interessante perché diveniamo ogni giorno più consapevoli che non è possibile continuare a vivere come stiamo vivendo ora per più di trent’anni. Non possiamo andare avanti così. Questo lo sappiamo con certezza e possiamo scegliere di dircelo e metterci a progettare il futuro, o far finta di niente nascondendoci in false rassicurazioni. L’aria, l’acqua, il territorio, le risorse energetiche sono i principali fattori di questo cambiamento di condizioni che è già in atto. Finora e, purtroppo ancora oggi, c’è stato e c’è chi dice: lasciate fare al mercato, troverà sempre una buona soluzione. Basterebbe ascoltare il premio Nobel per l’economia John Nash, il quale ha mostrato come le strategie che massimizzano il profitto individuale possono portare a risultati insoddisfacenti o svantaggiosi a livello globale. La ricerca della migliore soluzione possibile a livello collettivo necessita, dunque, di intesa e cooperazione tra gli attori, a patto che ciascuno di essi si disponga ad accettare per sé una soluzione sub-ottimale. Questo è il problema: tendere al “di più” o pretenderlo per me non vuol dire migliorare le mie condizioni, perché penalizza tutti e, quindi, anche me. Ciò comporta che si governi attraverso il confronto, il dialogo e l’apprendimento reciproco e non facendo ognuno quello che vuole, magari costruendo tre caserme dei vigili del fuoco in tre comuni che distano due chilometri l’uno dall’altro. Per quella via si è pensato che la libertà individuale di agire come si vuole producesse un equilibrio spontaneo, grazie al ruolo equilibratore del mercato. Proprio questa tesi è alla base dell’attuale modello di sviluppo dominante e all’origine della crisi in cui siamo immersi. “Un mercato sacralizzato si è distaccato dal mito illuminista degli eguali per sostituirlo con quello dell’egoismo”, ha scritto Guido Rossi sul Corriere della sera del 17 ottobre. Ebbene, una delle opportunità più rilevanti delle Comunità di valle sta nell’introdurre la via della cooperazione, del confronto e della concertazione come metodo di governo, per giungere a orientare lo sviluppo verso le scelte e la qualità necessarie per applicare le conoscenze al territorio, porre il paesaggio al centro e farne un laboratorio di progettazione del futuro per le comunità locali.