Critica della ragione manageriale
Di Ugo Morelli Hic et Nunc Di ritorno da un incontro seminariale alla Scuola di Economia Civile di Loppiano, dove abbiamo analizzato le conseguenze attuali di un certo modo di esercitare il management e di gestire le organizzazioni sia private che pubbliche, mi ritrovo a chiedermi dove abbiamo sbagliato, in Trentino, nel mondo della Cooperazione, in particolare, ma anche del management delle istituzioni pubbliche e delle organizzazioni aziendali private in generale. L’efficacia nelle decisioni e la qualità delle scelte hanno prodotto e producono conseguenze spesso indesiderabili e ciò è evidente in non pochi ambiti. La diffusione per imitazione, spesso acritica, dei modelli di comportamento manageriale che si sono affermati nel tempo dell’individualismo iperliberista, ha portato spesso a trascurare il senso della responsabilità etica e sociale nella gestione, in nome di forme di retorica e di arroganza che hanno comportato e comportano costi sociali ed economici importanti. L’influenza del management si è fatta spesso politica, riguardando le strategie delle aziende e delle istituzioni, e ciò ha portato a scelte che si sono rivelate controintuitive e problematiche, quando non hanno messo in discussione l’identità stessa e i vantaggi competitivi specifici delle organizzazioni, come è nel caso della Cooperazione. C’è da chiedersi se la formazione che pure è stata svolta, anche con investimenti di un certo livello e con azioni di qualità, possa incidere effettivamente, di fronte a scelte di governo che si mostrano pervicaci nel perseguire progetti che cercano innovazione per imitazione. Lo scarto tra l’attenzione alle persone e orientamenti e disorientamenti di governo ha creato una crisi di legame sociale all’interno delle organizzazioni. Un contratto psicologico rotto vige oggi dentro la maggior parte delle organizzazioni, dove la partecipazione e la ricerca del bene vicendevole sono non solo trascurati ma, addirittura, motivo di disinteresse se non di derisione. L’indifferenza, intesa come una sospensione eccessiva della risonanza tra esseri umani, insieme al conformismo e alla saturazione dei linguaggi e delle prassi, hanno condotto ad un esercizio della managerialità schiacciato sull’esistente, in un tempo in cui la generatività e l’innovazione sarebbero particolarmente importanti. Eppure molte imprese cooperative e non sono fatte di persone con motivazione e professionalità accurate. La carenza di strategie di governo crea, perciò, disagi individuali e i livelli di stress che sono evidenti. Nel momento in cui si riconsoce da più parti la stretta interdipendenza tra qualità delle relazioni interne e produttività, sarebbe proprio il caso di veder emergere progetti e strategie per valorizzare il meglio che c’è e far nascere il nuovo che serve. |