Innovazione e indigenza cognitiva
Di Ugo Morelli Hic et Nunc Comodo è affidarsi a quello che è intuitivo e si presenta più facile da comprendere. Creature fantastiche o magie soddisfano il bisogno che abbiamo di trasgredire però quanto basta, all’interno di un gioco dalle possibilità regolate, e allora tutto questo ci appaga, assolvendoci dalla responsabilità della verifica e della falsificazione. E allora se ci chiediamo come mai ci risulti così difficile intravedere, concepire e disegnare qualche prospettiva di futuro possibile in Trentino, pur ammettendo che le ragioni possono essere molte, ce n’è una che spicca sulle altre, per chi la vuol vedere. L’abbiamo chiamata, nel tempo, indigenza cognitiva e riguarda il progressivo non investimento in conoscenza, in un’epoca in cui la conoscenza si è affermata come principale fonte di valore. A suscitare i principali interrogativi è la crisi della formazione. Non solo in termini di caduta verticale degli investimenti, ma anche come deriva della qualità. A proposito di quest’ultimo punto, infatti, si registra una sempre più marcata tendenza a destinare le poche risorse in formazione verso la cosiddetta formazione tecnica, o verso iniziative formative che hanno più che altro il carattere dell’intrattenimento o dello spettacolo, con formulette risolutive, sempre quelle del secolo, naturalmente. Queste soluzioni hanno buon gioco ad accattivarsi la maggior parte delle persone: proponi loro vie per quella che pare la conoscenza, vie che costano poco e sono comode; non richiedono impegno e sono facili da capire e da ricordare, e avrai audience e successo. Il fatto è che quelle vie sono o false o approssimative. C’è stato un tempo in cui sembrava che finalmente si fosse passati dalla formazione apparente al riconoscimento del valore cruciale dell’apprendimento. È durato poco. Ora, spesso, non ci si ricorda neppure più cosa potesse voler dire fondare il lavoro e le organizzazioni su competenze evolute costruite nel tempo, e creare un mondo capace di creare se stesso con i propri vincoli e possibilità. Pare che la nostra angoscia dell’incertezza del presente possa essere affrontata solo consegnandosi a qualche istanza quasi magica: il fast training o il lavoro provvisorio e quasi schiavizzato. Quelle formule hanno la caratteristica subdola, peraltro, di non presentarsi neppure come tali. Non riusciamo quasi mai a renderci conto che non basta che molti siano d’accordo su una cosa perché quella cosa sia vera, seppur provvisoriamente; che per identificare una causa è necessario escludere i fattori che cause non sono. Ci serve una capacità di dubitare che apra lo spazio all’innovazione necessaria che passa per la conoscenza.
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