Altruismo, egoismo e cooperazione

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


immagine«L'’egoismo batte l'’altruismo all’interno di un gruppo. Ma i gruppi altruisti battono i gruppi egoisti», così sostiene David S. Wilson, nel suo importante libro su L’altruismo, edito da Bollati Boringhieri. Uno legge, e la mente va subito alla cooperazione trentina. Non è una questione da poco. Stiamo parlando, in non pochi ambiti, di una componente fondamentale dell’economia e della società provinciale. Una realtà che vive un momento difficile della propria storia. Sulle cause si potrebbe discutere a lungo, ma qui conviene concentrarsi su una questione: come è stata gestito in quella realtà il rapporto fra le capacità, le responsabilità e i meriti individuali da un lato, e la relazione tra cooperative e gruppi diversi di cooperative dall’altro. Perché è questo che Wilson ci indica, alla luce di anni e anni di ricerca sul significato dell’altruismo e sulla sua efficacia. Essere altruisti non vuol dire essere buoni con gli altri. Tutti noi siamo buoni e cattivi e di noi esce il meglio e il peggio a seconda delle relazioni che viviamo e delle istituzioni in cui facciamo le nostre esperienze. Essere altruisti, peraltro, non vuol dire neppure occuparsi o prendersi cura dell’altro perché alla fine conviene anche a noi. Essere altruisti, forse, vuol dire occuparsi di se stessi, senza falsi moralismi che porterebbero a negare l’attenzione e la cura che ognuno tende naturalmente a riservare al proprio interesse individuale, mentre ci si impegna a cooperare con gli altri perché il proprio gruppo e la propria realtà di appartenenza siano efficaci e producano benefici per tutti e non solo per noi. Qui sta il punto, forse. Nella cooperazione trentina, è importante chiedersi, quanto ha inciso il moralismo dell’uguaglianza dei trattamenti a tutti i costi, che ha portato a non riconoscere le differenze di capacità e meriti e ad equilibrare tutto verso il basso. Così come vale la pena domandarsi perché non si sia mai affermata una politica della professionalità basata sui meriti. E, inoltre, quanto ha pesato la concorrenza interna ai gruppi, che in certi casi, come nel credito, ha raggiunto livelli di “cannibalismo” tra cooperative di credito, con la conseguente difficoltà a fare davvero sistema? Dell’egoismo abbiamo solo un’accezione negativa, eppure esiste un sano egoismo, inteso come cura del soggetto e delle sue distinzioni, che non può essere trascurato, pena la demotivazione e la caduta di investimento individuale. Allo stesso tempo c’è da tener conto della fiducia tra le diverse componenti di un gruppo, come un gruppo federativo, da salvaguardare con poche e definite regole essenziali, al fine di non far prevalere egoismi e opportunismi. A ben vedere, sia la cura dei meriti distintivi dei singoli che la capacità di fiducia reciproca in un sistema federato sono risultate problematiche nel mondo della cooperazione trentina. Da lì bisognerebbe riprendere per provare a creare una nuova stagione della cooperazione.