Caccia e disimpegno morale

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc


Non so se ci siamo mai chiesti cosa sono i meccanismi psicologici di autogiustificazione. Sembra una questione difficile, vero? E invece è più facile di quello che appare. Ogni volta che deviamo da valori etici condivisi, cerchiamo in ogni modo di giustificarci. A livello individuale, quando abusiamo col cibo o col fumo, tendiamo a dirci: ma dai, solo per questa volta. Se evadiamo le tasse, ci diciamo: è vero, ma c’è chi evade più di me. Nascondiamo o spostiamo la responsabilità. Minimizziamo la nostra deviazione e mettiamo in atto quello che si chiama disimpegno morale. Se proviamo a riflettere insieme sul confronto in atto sulla caccia nei parchi in Trentino, è difficile escludere che il disimpegno morale sia in atto. La proposta del presidente del Parco Adamello Brenta ha provato a mettere al centro una più ricca possibilità di fruizione del parco. Quella proposta, infatti, sembra andare incontro a una pluralità di soggetti, alcuni dei quali rappresentano una domanda turistica - ma anche dei residenti -, che è ad ogni osservazione crescente. La sensibilità verso il sistema vivente, la fauna e la biodiversità cresce a vista d’occhio, mentre aumentano i rischi di estinzione. Allora se la caccia di selezione può essere considerata utile all’equilibrata evoluzione delle specie, è difficile comprendere la reazione frontalmente negativa a una proposta di destinazione parziale e temporanea di aree del parco destinate a una fruizione plurale e differenziata. Fino a qui l’analisi di una dinamica che potrebbe essere affrontata con meno antagonismo e maggiore dialogo. Non basta però fermarsi a questo punto. È necessario chiedersi che significato ha oggi, di fronte a una progressiva crisi della biodiversità la nostra atavica disposizione a uccidere gli altri animali. Una domanda scomoda ma inevitabile. Da un lato pare ci sia chi non se la pone per non suscitare reazioni violente; dall’altro, da parte di chi pratica la caccia, emergono argomentazioni che richiamano molto da vicino il disimpegno morale: una lunga serie di giustificazioni che servono a mostrare l’utilità della caccia; la sua funzione ecologica e ambientale, senza porsi neppure il problema della sua attualità storica, della necessaria ricollocazione di noi esseri umani nel resto del sistema vivente, della violenza distruttiva che alla caccia è connaturata. Il disimpegno morale è fatto di processi messi in atto per trasformare un comportamento dannoso e immorale in uno accettabile, attraverso la giustificazione morale. Lo spostamento o nascondimento della responsabilità rispetto a un fenomeno come la caccia nella nostra epoca può anche portare a sostenere che la si pratica per il bene degli animali e dell’evoluzione delle specie, ma non risulta molto credibile.