Trumpismi nostrani

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc


Questa storia sembra una storia americana, ma è la nostra storia recente: la storia dei tanti piccoli e medi “Trump” che sono intorno e vicino a noi. Nulla nasce dal nulla, e allora non è neppure così difficile accorgersi di come da anni si siano affermati uno stile, un modo di essere e modelli di comportamento che sono andati a comporre un humus fertile per il “trumpismo”. Piccoli e medi “Trump” li abbiamo visti all’opera negli stili dei dirigenti, di chi si poneva e si pone in posizione superiore perché ha i soldi, dei capi ufficio; nei ragionamenti sulla cultura che deve servire all’economia; nell’aggressione all’ambiente e al paesaggio; nella finanza e non solo in quella grande ma anche in quella di piccolo cabotaggio; nei cosiddetti intellettuali che hanno una sentenza da esprimere per ogni occasione; nell’eroismo sportivo vissuto solo come dimostrazione di forza, eccetera. Tutta una serie di manifestazioni ed espressioni, anche nelle valli e nelle periferie, si è caratterizzata con l’arroganza e il disprezzo, con l’ingiuria e la denigrazione di chi la pensa in modo diverso. Basti pensare alla parabola ascendente della parola aggressività. In pochi anni è diventata una parola prestigiosa, che conferisce reputazione, da parola ingiuriosa e sconveniente che era. Accanto all’ arroganza si è imposto lo stile del vincere, in ogni campo. Abbiamo costruito una società basata sul culto dei vincenti e su un principio di esclusione, non di inclusione. Non per niente abbiamo cominciato, come fa il Gruppo Abele, a vedere impegnato il volontariato a cercare di creare la “città del noi”. I luoghi del margine e della povertà si sono allargati a dismisura e persino nella cosiddetta classe media, anche locale, le cose non sono più andate molto bene. Non è difficile comprendere come a queste condizioni l’immigrazione abbia finito per essere vissuta principalmente come minaccia e l’arrivo dei profughi crei conflitti e disagi, quando non manifestazioni di aperta ostilità. Né si fa fatica a capire come il sentimento di vuoto finisca per consegnarsi a forme populiste della politica che da un lato soffiano sul fuoco e dall’altro promettono rapide soluzioni di ogni tipo di problemi. La tendenza è così diffusa e pervasiva che davvero è impegnativo comprendere come si potrà ostacolare una prospettiva potente e allo stato nascente. Sì, perché, pare proprio che siamo di fronte all’inizio di qualcosa, piuttosto che ad una eccezione o a qualcosa di residuale. La litigiosità e la crisi delle forze politiche locali non aiuta: basta un poco di attenzione nel cogliere nelle riflessioni degli amministratori locali e più ancora nei loro disorientamenti un senso di difficoltà ad affrontare il presente e a pensare il futuro, per rendersene conto.