Cosa fa chi non fa niente
Di Ugo Morelli. Hic et Nunc Quelli che si lasciano andare e quelli che hanno una progettualità: così appaiono all’osservazione nel corso del tempo i giovani che fanno i conti con l’assenza di lavoro, con la condizione dei “né-né”, né lavoro né studio, con l’esperienza difficile e faticosa del precariato. Una disuguaglianza strisciante agisce comunque tra loro, ed è fatta di molti aspetti, come emerge dall’osservazione nel corso del tempo portata avanti con la ricerca. Sono diseguali per i trattamenti quando svolgono lavori anche per tempi brevissimi; diseguali risultano anche per l’atteggiamento più o meno attivo o passivo che hanno nell’elaborare la loro posizione: c’è chi non cerca per nulla una via d’uscita e chi invece mantiene, nonostante tutto, una posizione attiva di ricerca. C’è chi si impegna in attività di volontariato con un senso di partecipazione civile e di impegno sociale. Anche in Trentino le cose non vanno bene e l’ingresso nella vita attiva risulta faticoso e difficile per i giovani. Garanzia Giovani non dà gli effetti previsti e lo spreco di aspettative e di potenzialità continua. I voucher mostrano di essere una nuova forma di sfruttamento con vantaggi unilaterali. L’indifferenza con cui si tratta la questione riguarda ormai fette decisive di generazioni di giovani e il senso di sfiducia che ne deriva è di particolare intensità. Sono molti i tentativi di mettersi in gioco prima di assumere un atteggiamento rassegnato e consegnarsi all’esclusione. La sfiducia nella politica e nelle politiche che li riguardano non potrebbe essere più profonda. Né pensano di poter assistere a cambiamenti importanti nel breve periodo. Più di tutte le indifferenze, non ci stancheremo mai di sottolinearlo, risalta l’inazione del sindacato che ha mostrato e mostra di non comprendere il fenomeno e di non attrezzarsi per affrontarlo. L’arte di arrangiarsi, anche per rispondere a una domanda di senso nel vivere il tempo, produce scelte diverse nell’esperienza dei precari. Molti di loro ad esempio cercano di esprimersi nello sport dove fanno esperienze diverse che sembrano tutte accomunate dal tentativo di impiegare il tempo ed evitare la ghettizzazione. Tra i precari e i “né-né”, su 10 giovani uno è laureato, 5 sono diplomati e 4 hanno al massimo la licenza media. I dati dell’ultimo Rapporto Istat dicono che un laureato impiega in media 36 mesi nel trovare lavoro, ma se è in possesso di un titolo umanistico l’attesa è più lunga. Un laureato dunque è precario quasi fisiologicamente. Eppure ad accomunare i precari e i “né-né” c’è una certa progettualità, nonostante tutto, per sfuggire all’apatia. La capacità di reagire dipende anche dal contesto familiare: quando quel contesto lascia un’eredità negativa le cose si fanno ancora più difficili. Gli esiti sociali e civili sono evidenti nei dati che mostrano che la fiducia nello Stato e nelle istituzioni locali scende al di sotto del venti per cento e che la prima parola che i giovani associano alla politica è la parola corruzione. Lavoro nero più o meno camuffato e forme latenti e patenti di raccomandazione trovano terreno fertile e gli effetti sul senso di partecipazione democratica sono facilmente immaginabili.
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