Reimmaginare i confini

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc


Se vogliamo uscire dalle strettoie dei confini come gabbie, quei confini li dobbiamo reimmaginare. In questo compito storico le società locali hanno e possono avere una funzione decisiva. Quelle autonome e di frontiera, poi, potrebbero essere laboratorio di soluzioni originali. Non si può, naturalmente, fare nulla di tutto questo oggi, senza connettere il tema dei confini con quello delle migrazioni e della crisi degli Stati-Nazione. Come si intuisce la questione è tale da indicare ai sistemi locali come Bolzano e Trento un autentico salto di qualità nel modo di pensare e di pensarsi. Il confine è diventato un paesaggio aperto, non solo per il superamento normativo delle barriere, ma soprattutto per le rappresentazioni e controrappresentazioni dei confini stessi. Le frontiere si dislocano oggi e diventano mobili sulla base della mobilità culturale, conoscitiva, informativa e fisica di noi esseri umani. A disegnare e a ridisegnare i confini oggi non sono solo le istituzioni ma sono le persone concrete che con i loro comportamenti, che a volte forzano anche le regole, fanno dei confini e delle frontiere luoghi di relazioni. Quello che scegliamo non è che i confini siano luoghi di relazioni, bensì di che tipo di relazioni siano fatti i confini. I confini oggi sono porosi, sono necessariamente luoghi di incontro. E purtroppo spesso diventano luoghi di scontro. Allora diventa decisivo rendersi conto che le frontiere e i confini sono oggi dei processi. Processi culturali e politici. D'altra parte uno sguardo alla storia rende decisamente più facile fare un salto di qualità. Quali sono oggi le immagini plurali dei confini e delle frontiere che riguardano i sistemi locali del Trentino e dell'Alto Adige? Il punto da cui partire é quello di considerare la frontiera e il confine come risorsa. Mentre per alcuni le frontiere e i confini sono marche di appartenenza, per altri sono luoghi generativi di nuove rappresentazioni dello spazio e della società. Comprendere la vitalità di ognuna delle rappresentazioni, sia quelle più orientate a valorizzare le appartenenze, sia quelle orientate all'apertura verso l'ibridazione delle culture, significa tenere insieme le prospettive che possono produrre nuova vitalità nelle terre di incontro, come andrebbero considerate, più che continuare a ritenerle "terre di confine". Se ce ne rendiamo conto oggi noi siamo presi da una visione egemonica della territorialità e dell'appartenenza. Allo stesso tempo emergono vissuti ampi, portatori di visioni che propongono forti prospettive alternative. Queste ultime non vengono solo dai migranti ma anche dalle più importanti componenti innovative delle nostre stesse società locali, come possono essere le componenti giovanili con elevata formazione e con mentalità più evolute. È proprio dalla combinazione di queste componenti che può nascere un nuovo dialogo capace di produrre forme evolute di cultura e convivenze per l'avvenire delle nostre società.