Una società bloccata
Di Ugo Morelli. Hic et Nunc A proposito dell’inserimento attivo dei giovani nel lavoro e nella società e per quanto riguarda il ricambio generazionale, le questioni sono tali da riporre al centro i temi dell’uguaglianza e del potere. Due tra i temi apparentemente superati e in buona parte rimossi nel tempo dell’individualismo esasperato e delle presunte sorti magnifiche e progressive del liberismo spinto all’estremo. Meritorio è stato lo spazio che il Corriere del Trentino di sabato e domenica ha dedicato alle interviste a Nadio Delai, Fausto Gardumi e Vincenzo Passerini. Il fatto è che la questione del ricambio generazionale in posizione di vertice, ma non solo, non può essere consegnata a una disposizione di buona volontà o di attesa di comportamenti eticamente e politicamente corretti. A parte rare circostanze e ancor più rare personalità, non si è mai visto cedere spontaneamente potere e privilegi di grande o piccola portata da parte di chi li detiene. Anzi assistiamo ad una perseveranza sistematica di tenuta delle posizioni anche a fronte di evidenti fallimenti nelle scelte. Ci sono allora alcune questioni da porre in modo semplice e chiaro. Senza intervenire sulle regole non si liberano possibilità e la disuguaglianza tra privilegiati ed esclusi cresce. Si pensi solo alla distribuzione dei redditi e del lavoro. Per non parlare delle pensioni che, in molti casi, sono delle vere e proprie posizioni di accumulazione e rendita. Quelle regole esigono un’azione politica e sindacale capace di riconoscere che l’esclusione crea problemi per tutti e non solo per gli esclusi. Una seconda questione riguarda la capacità non esclusivamente individuale ma organizzativa di inserire e allevare successori. Vi sono organizzazioni che premiano la capacità di crescere e allevare e regolano la rotazione e il ricambio in modo abbastanza preciso e definito. La generosità e la disponibilità spontanee devono essere guidate e incentivate. Ogni leadership da sola non basta. Se si osserva il comportamento dei follower, si può vedere che spesso colludono con quello dei capi. È necessario allora chiedersi che cosa si fa per gestire le organizzazioni perché siano luoghi di crescita e non solo di adempimento e di esecuzione in base a criteri obsoleti di comando, esecuzione, controllo. Se si osserva, ad esempio, il sistema di valutazione all’interno della Provincia, non è difficile comprendere perché la motivazione alla crescita non sia un valore. La disuguaglianza e l’esclusione hanno raggiunto livelli tali da creare una società bloccata. Non si tratta di egualitarismo ma di valore dell’uguaglianza perseguibile: quello che serve è un principio di giustizia sociale basato sull’obiettivo dell’uguaglianza delle opportunità e sulla differenza dei trattamenti in base ai valori espressi, insieme a criteri chiari per la limitazione della durata delle cariche e per l’inserimento e l’allevamento dei potenziali sostituti.
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