Destino e responsabilità
Dove va la cooperazione trentina del credito Di Ugo Morelli. Hic et Nunc Per scelta e spero con garbo abbiamo cercato di capire cosa stesse succedendo nella cooperazione trentina, e in particolare nel credito cooperativo. Abbiamo ascoltato e letto; abbiamo seguito gli eventi e parlato con molte persone che nella cooperazione lavorano ad ogni livello. Oggi, con senso di responsabilità, riteniamo che sia divenuto importante esprimere alcuni pensieri che possano essere altrettanti spunti di riflessione e confronto. Sono proprio il dialogo e il confronto partecipativo a essere mancati nella gestione di quella che forse è una delle crisi più gravi della cooperazione trentina dalle sue origini fino ad oggi. Un forte accentramento delle azioni messe in atto ha portato a un diffuso silenzio misto ad attesa e alla disposizione a subire le scelte, in quanto è difficile parlare di una strategia specifica proveniente dal Trentino per cercare di influenzare quanto stava accadendo. Quella strategia non c’è stata e oggi siamo di fronte a una legge che modifica radicalmente il senso e le possibilità operative delle Casse Rurali, con conseguenze di particolare importanza per l’intero sistema cooperativo. Ad essere messo in discussione è l’autogoverno delle comunità locali, la loro autonomia, nel campo del credito. Questo esito viene da lontano. Se ci chiediamo come si è presentato il sistema del credito cooperativo trentino all’arrivo della crisi iniziata circa dieci anni fa, non è difficile verificare come in buona misura l’imitazione di forme di gestione di impresa diverse dalla cooperazione e la ricerca di espansioni a dir poco improprie abbiano deformato, anche rispetto alle indicazioni statutarie, le distinzioni specifiche delle imprese cooperative. È stato scelto un “modello” di azione che da un lato ha sganciato le cooperative di credito dalla base sociale, e dall’altro ha perseguito vie di espansione che non si sono rivelate vantaggiose. Nel momento in cui un’economia dei luoghi avrebbe dovuto puntare sulle proprie distinzioni, ha adottato, col sostegno del credito cooperativo, orientamenti e azioni in direzioni improprie che si sono rivelate problematiche. Il modello di sviluppo del cosiddetto nordest, e una prospettiva industrial-padana, hanno snaturato le specificità, trascinando nella loro crisi anche le realtà locali. Si pensi solo all’assecondare l’edilizia prima della crisi e al rapporto con i crediti deteriorati. Ora un intero sistema è col fiato sospeso. Sarebbe abbastanza importante investire tempo ed energie per rinforzare le competenze, così spesso trascurate, e per disegnare una strategia propositiva, che non sia solo quella delle fusioni imposte per tentare di sopravvivere. Ma si ha la sensazione che si guardi altrove, come se quello che è accaduto fosse ineluttabile e causato dal destino. Il destino non esiste: è solo quel costrutto a cui ricorriamo quando non vogliamo assumerci le nostre responsabilità. |