Homo Zappiens

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc

Non siamo in grado di dire se ha esagerato Umberto Eco a sostenere che la rete e - in particolare Twitter e Facebook - “ha dato la parola a legioni di imbecilli”. Certo è che, come constatiamo nelle nostre valli, nei nostri paesi e nelle nostre piccole città, nel campo delle tecnologie mentali, di Internet, dei social media, degli smartphone, non ci sono periferie, o forse i mondi locali sono tutti una grande periferia. Lo scarto tra quello che sta accadendo e le azioni che si compiono, o meglio che non si compiono nelle comunità locali, per affrontare il cambiamento, è vertiginoso. L’espressione Homo Zappiens è di due ricercatori olandesi, Wim Veen e Ben Vrakking, che in un libro: Crescere nell’era digitale, hanno individuato e descritto una nuova (pseudo) specie, non biologica, bensì culturale: Homo Zappiens (HZ). Quella specie ha un modo del tutto nuovo di vedere il mondo, di comunicare e di apprendere. Sarà la scuola a vivere la più profonda metamorfosi in conseguenza di questo cambiamento: sarà obbligata a rinnovarsi di fronte alla concorrenza di Internet, che è al centro di un incremento impressionante (e accattivante) dei flussi d’informazione. E qui sta il punto: una realtà autonoma con competenza primaria nella scuola non pare che stia facendo abbastanza, non tanto per diffondere le tecnologie hard, quanto per sostenere la necessaria integrazione tra studi umanistici e tecnici. Questo sembra il problema principale e sarebbe bene rendersene conto. Si affronta, infatti, il cambiamento affidandosi prevalentemente alle tecnologie e all’addestramento per il loro uso, o si privilegia nettamente il sapere tecnico. I giovani HZ, nati e cresciuti all’ombra delle tecnologie mentali, sono abilissimi nel gestire il fiume di informazioni che circola nei nuovi media, nell’intrecciare le comunicazioni faccia a faccia con quelle virtuali e nell’interagire con i loro interlocutori connessi in rete per risolvere in modo cooperativo i loro problemi. Infatti un giovane così apprende esplorando e giocando, cioè trasferendo le tecniche dei videogiochi a problemi di varia natura e impadronendosi di conoscenze che non fanno più parte di un canone scolastico fisso ma sono negoziabili e mutevoli a seconda del contesto e delle circostanze. Questa capacità di apprendimento flessibile sarà utilissima a Homo Zappiens nella società della conoscenza, una società caratterizzata dall’indeterminatezza e dall’instabilità, dall’apprendimento continuo e dalla necessità di imparare e disimparare rapidamente. Per impedire, però, che vi sia una scissione profonda tra tecniche e valori, fra individuo e relazioni sociali non degradate nell’indifferenza, è necessario che si investa nelle scuole e nelle famiglie per un’educazione a non subire, ma a governare consapevolmente le tecnologie della comunicazione. Diversamente saremo o soli, o massa, in una crisi pericolosa del legame sociale e della buona e soddisfacente individuazione soggettiva.