Condivisione e civiltà delle parole e dei fatti *
Di Ugo Morelli. Hic et Nunc È solo prendendo lezioni dagli altri, apprendendo da loro, che ci costruiamo come persone e come comunità. In particolare nel tempo della necessaria condivisione, in cui parliamo di sharing economy, di sharing society e simili. Noi esseri umani ci realizziamo condividendo apprendimenti ed emozioni; in particolare col nostro linguaggio, combinato con le tecnologie, oggi possiamo realizzare una nuova sintesi la cui decifrazione può aprire a scenari inediti di comprensione di noi stessi e degli altri, dei nostri vincoli e delle nostre possibilità. Apprendere dagli altri e fare buon uso del linguaggio che crea mondi, come i nostri gesti e i segni che lasciamo nella realtà, appunto. Con garbo e attenzione al dialogo sentiamo allora la necessità di commentare quanto accaduto a proposito dell’evento che ha portato alle dimissioni del neoeletto segretario di un partito autonomista in Trentino. Non si tratta di una cosa di poco conto in un Paese che ha avuto la necessità di darsi una costituzione che condanna l’apologia del fascismo e di un oscuro e terribile tempo della nostra storia. Trattare perciò con una pretesa di minimizzazione l’accaduto, riportandolo a un cosiddetto semplice linguaggio “da caneva”, diviene di fatto un’aggravante che, proposta da un Senatore della Repubblica, assume caratteri difficili da accettare. Proprio nelle birrerie sono nati i mostri che hanno scritto uno dei capitoli più tremendi della storia. Proprio con la superficialità riguardo a certi fenomeni al loro nascere si sono sviluppate poi le tragedie che consociamo. “I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo” ha scritto Ludwig Wittgenstein. E ancora il linguaggio entra in gioco quando, a sua volta intervenendo sull’accaduto, la massima carica istituzionale del Trentino, reagendo alle critiche, dice: “Non prendiamo lezione da nessuno”. Abbiamo invece tutti bisogno di prendere lezione su un evento simile. Solo il confronto e il dialogo possono aiutarci a capire come mai possano realizzarsi ed essere ritenuti “normali” episodi come quello accaduto. Soprattutto a livello istituzionale abbiamo bisogno di essere aiutati a tutelare le condizioni della nostra convivenza verso più avanzate forme di condivisione. Le istituzioni sono il contenitore e la condizione per elaborare i limiti individuali e promuovere le condizioni per affrontare insieme errori e problemi in cui i nostri comportamenti singoli possono incorrere. Le frontiere della nostra civile convivenza sono oggi sottoposte a forti sollecitazioni, al punto da vacillare in non pochi casi. Si tratta allora di imparare dagli eventi, soprattutto da quelli critici, e di utilizzare linguaggi capaci di favorire il riconoscimento delle possibili evoluzioni rispetto ad eventi evidentemente regressivi. Questo ci attendiamo da coloro che ci rappresentano e siamo certi che vorranno accogliere questa nostra legittima aspettativa di civiltà. *Corriere del Trentino, 20 marzo 2016 |