Dice Shadi

Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc


Dice Shadi, giovane iraniana che vive oggi qui, che la sua è una posizione di credente con molte domande e molti dubbi che non può esprimere dove è nata senza correre rischi; d’altra parte, dice Shadi, qui mi criticano per il mio velo e danno per scontato che, siccome lo porto, non sono una donna libera. Come se io dicessi, continua Shadi, che portare la cravatta rende di per sé un uomo non libero, o indossare scarpe con i tacchi a spillo è una schiavitù. Ad ascoltarla il cuore si apre a prospettive inedite. Si riconosce la pochezza di molte nostre posizioni, quella semplificazione sulla libertà con cui così spesso procediamo, e la vergogna necessaria rispetto alla nostra ignoranza. Se non scegliamo la via dell’uomo conformista con le proprie tradizioni al punto di accecarsi, possiamo capire che la storia ci sta interpellando. Ci chiede, proprio a noi, di accorgerci che i tempi sono cambiati. E con essi le categorie che abbiamo ritenute valide troppo a lungo per insistere ancora. Esistono molti modi di rispondere alle grandi domande della vita come quelle riguardanti la vita e la morte. È importante riconoscere che siamo tutti accomunati dal fatto di avere le domande; le risposte sono state e sono diverse e molteplici e tutte legittime per il fatto di essere presenti. Potremo confrontarci sulle risposte più opportune solo se accoglieremo il fatto di essere accomunati dalle domande. La storia, oltre a interpellarci e a chiederci di riconoscere il valore inestimabile delle differenze, ci indica pure la via per emanciparci, insieme alle nostre comunità locali. Quella via riguarda il rapporto tra diversità e plasticità. Siamo tutti unici ma allo stesso tempo siamo capaci di adattarci continuamente. Se non fossimo stati capaci di adattamento continuo non saremmo sopravvissuti. Oggi ci viene chiesto un adattamento di nuovo tipo, non più circostanziato e definito nel tempo, ma continuo. Non ci possiamo più concedere la riduzione ad una sola via per essere e divenire umani. Le vie sono tante e dalle altre possiamo imparare. Da Shadi, per esempio, possiamo imparare la tenacia della ricerca in condizioni difficili; la capacità di convertire il disprezzo in desiderio di capire; la voglia di emanciparsi senza rinunciare a se stessa e alle cose che le piacciono e la distinguono. Le sue parole ci provocano e ci invitano a pensare al mondo come sarà, quando le differenze diverranno realtà da cercare con cura e da tutelare, perché la nostra pretesa di omologare gli altri ci apparirà folle e sbagliata; deleteria prima di tutto per noi, oltre che per loro. Un po’ come accade oggi con il cibo. Dopo la sbornia della standardizzazione, la biodiversità oggi è per noi tutti un valore. Cerchiamo le differenze e le unicità come valori inestimabili. Meglio perciò accorgerci in tempo che ogni volta che una posizione si presenta diversa dalla nostra, l’impegno che il dialogo comporta è anche la nostra principale possibilità.