Educazione e conflitti
Di Ugo Morelli. Hic et Nunc "Spesso sono i bambini a pagare il prezzo dell'incapacità degli adulti di affrontare i conflitti": così si esprime Uma Thurman, la grande attrice, in una riflessione sull’educazione dei figli. Questa considerazione sembra fatta apposta per commentare il confronto in corso sul trilinguismo in Trentino. Quali confitti sono in gioco? Almeno tre: il primo riguarda la mente dei bambini che apprendono e le condizioni che facilitano o ostacolano l’apprendimento; il secondo la relazioni genitori-scuola e le possibilità di sostenere l’apprendimento e l’educazione; il terzo il rapporto tra il decisore pubblico e i processi di partecipazione e consenso. Eppure nel confronto in atto non si parla quasi mai di queste problematiche ma si mostrano opinioni e radicalismi di diverso tipo. Ovviamente non è qui in discussione l’importanza dell’apprendimento di più lingue da parte delle nuove generazioni e anche di quelle vecchie. Fare di questa una motivazione ideologica esibita sa di provincialismo spacciato per nuovismo. Si tratta di chiedersi come è più efficace, e meglio, cercare di raggiungere l’obiettivo. Per quel poco che ne sappiamo, a proposito del rapporto tra sviluppo del sistema cervello-mente e apprendimento delle lingue, detto in modo semplicistico, più avanza l’età dei bambini e più faticoso è imparare le lingue. Fino a una certa età una seconda lingua si può imparare più o meno come la lingua madre. In età scolastica le cose sono già un po’ più impegnative, ma è importante iniziare. Il conflitto nasce sul come iniziare. Alcune condizioni sono necessarie e andrebbero preparate con gradualità. La preparazione piena degli insegnanti; la produzione di metodi e materiali adatti; la preparazione dei genitori. Sapendo che l’apprendimento dei contenuti curricolari e di una nuova lingua contemporaneamente richiedono un particolare impegno a chi apprende e a chi lo aiuta ad apprendere. Nella relazione tra genitori e scuola vi sono oggi già notevoli problemi che solo raramente si traducono in conflitti, e più spesso annegano nell’indifferenza. Sviluppare un coordinamento a quel livello, per un progetto così innovativo, vorrebbe dire creare le condizioni favorevoli attraverso la partecipazione. Un atteggiamento muscolare e autoreferenziale di chi governa non aiuta e candida a risultati che potrebbero essere problematici. Da ultimo emerge ancora una volta la conflittualità tra governo e cittadini a causa di decisioni poco o per nulla partecipate. Non ci sarebbe bisogno oggi di allontanare le persone dalla politica. Basterebbe ascoltare l’opinione pubblica per cogliere persino un fastidio rispetto all’ipotesi di andare a votare alle imminenti elezioni. Tutto questo è particolarmente pericoloso e richiederebbe attenzione su materie delicate come quella dell’educazione e della crescita dei figli. Una maggiore disposizione all’ascolto, a partire dalla considerazione che quando si decide insieme si decide meglio, farebbe bene a tutti. |