L'incertezza e l'ambiente

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc

La notizia è che le emissioni globali nel 2013 sono aumentate del 2,3 per cento. A parlarne, mentre leggiamo il rapporto annuale degli esperti mondiali, ci si sente Cassandra. E sappiamo che ciò non aiuta. A furia di ricordare il problema si rischia di creare assuefazione e noia e che le persone si voltino dall’altra parte. Il trend però sale costantemente e l’unico anno di calo è stato il 2009, a causa della crisi economica e a conferma del fatto che siamo noi ad alterare il clima e a comprometterlo. “Non c’è più tempo”, ha detto al New York Times uno degli scienziati che hanno elaborato l’analisi, Glen P. Peters, del Centro per la ricerca internazionale del clima di Oslo. Ora noi sappiamo che siamo in bilico tra un passo e un altro, e che camminare come vivere è stare in una provvisoria incertezza. Sappiamo però anche che il grande disastro epistemologico e pratico del nostro tempo è di non prendere coscienza degli schemi mentali che provocano i disastri. Prevale l’abitudine e la propensione a tornare a come facevamo prima, a come abbiamo sempre fatto. Se tra abitudine e originalità prevale la prima, dovremmo investire sulla seconda, attingendo all'originarietà che ci distingue come specie. Ma mostriamo di non riuscirci facilmente. Non possiamo prevedere il futuro, possiamo cogliere nel presente i segni di futuro. Il presente è gravido di futuro. I presenti sono più di uno. Il futuro, quello vero, non è facile da immaginare. Le connessioni con le scelte che si dovrebbero fare a livello locale sono davvero tante. A mancare è però un modello di riferimento. È come se pensare fosse perdita di tempo. I modelli però hanno questo di buono: sono riduttori di complessità e possono inquadrare l’azione e le scelte. Possono essere finestre sul mondo per capire dove andare e come scegliere. E la sfida della complessità va accettata, non messa sotto il tappeto come se non ci riguardasse. Se è vero che l’informale prepara il formale, bisogna però aiutarlo, diversamente si rimane nel pre-politico e nell’improvvisazione e non nel politico in senso pieno con effetti virtuosi sulle scelte organizzative e istituzionali. Scomporre e risolvere poteva essere utile quando le interazioni erano basse. Oggi siamo parte del tutto ed è come nel cervello: un neurone non pensa, molti neuroni pensano mediante le interazioni. Le interazioni modificano il piano logico della comprensione e della spiegazione. Allora possiamo accorgerci che il turismo ha a che fare con l’agricoltura; che entrambi hanno a che fare con la cultura delle competenze e che l’ambiente è strettamente interconnesso all’occupazione, eccetera. Tutti respiriamo e mangiamo e tutto dipende dal clima. Sarebbe davvero urgente avere una visione del Trentino per non andare alla cieca. Ascoltando almeno S. Giovanni della Croce: “Per raggiungere il punto che non conosci devi prendere la strada che non conosci”.