La questione femminile. Oltre i luoghi comuni

Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

“Non è molto sensato far l’elogio dei luoghi comuni, trionferanno comunque anche senza il nostro aiuto”, scrive Venedikt Erofeev nei suoi racconti. La satira, si sa, può essere fulminante. Un luogo comune dei nostri tempi è che le donne stiano raggiungendo o hanno già raggiunto la parità con gli uomini. Ma quali donne e come? Le dirigenti e le manager forse sì. Imitando e mettendo in pratica al meglio gli stili e i codici maschili. La discriminante, quindi, è il potere, come sempre, evidenziato da un altro fattore: avere o non avere figli. E ci risiamo. Le donne dirigenti o manager, anche se hanno figli, dispongono di supporti che rendono non vincolante la maternità ai fini dell’espressione di se stesse. Si è creata così una corsia preferenziale per le donne al vertice della carriera. Insieme a quel binario si consolida il luogo comune che, allora, la questione dell’ingiustizia sociale e della discriminazione verso le donne sarebbe una questione risolta. Come dice Erofeev quel luogo è elogiato e trionfa, avvalendosi in questo caso anche del nostro aiuto. Lo studio americano che conferma questo andamento riguarda pure la situazione italiana e, guardandosi intorno, nella realtà locale le cose non vanno diversamente. La discriminazione agisce e come, ai livelli più bassi di impiego e, comunque, rimane relativamente alta anche ai vertici. Non solo, ma riguarda anche le donne che, pur rimanendo a lavorare, al momento di avere un figlio vedono il proprio stipendio scendere di quasi il cinque per cento, che diventa il dieci per cento se i figli sono due. Se i maschi diventano padri si vedono aumentare, di solito, lo stipendio di sei o sette punti percentuali. I tempi lavorativi, poi, fanno il resto. L’agenda della giornata, tra lavoro domestico e lavoro professionale, rende lo svantaggio femminile, dovuto al doppio carico, particolarmente oneroso e difficile da sostenere. Se tutti sembrano essere d’accordo con il fatto che nuove prospettive di sviluppo appropriato nei singoli territori e nel paese passino per un maggior coinvolgimento delle donne, allora sembrano necessarie azioni concrete. Una politica differenziata dovrebbe, quindi, in primo luogo tendere a incentivare il lavoro delle donne con stipendi medio bassi. Solo in questo modo quelle donne potranno accedere a mezzi per comporre in modo accettabile vita personale, vita familiare e lavoro. Un’attenzione particolare meriterebbero le madri single che patiscono in modo particolare le condizioni di svantaggio. Non stiamo parlando di minoranze sparute ma di circa un milione e mezzo di famiglie in Italia con una donna capofamiglia. Le istituzioni più rilevanti della realtà locale, come la Cooperazione trentina, ma anche le istituzioni pubbliche in un contesto di autonomia, oltre naturalmente alle imprese private, potrebbero dare un segnale in queste direzioni e considerare finalmente che la negazione del codice e dello stile femminile comporta un grave costo soggettivo e collettivo. Tutto ciò vale anche per la non esaltante vicenda della nomina dei vertici della Camera di Commercio di Trento dove, oltre alle divisioni dilanianti con cui si sta consumando l’intera vicenda, alla fine e solo alla fine ci si accorge della questione femminile.