Libertà vo' cercando

Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

Parafrasando il principe De Curtis, in arte Totò, potremmo chiederci: siamo liberi o abbottonati? Ma come? Mentre tutto il mondo riconosce al Papa attuale una schiettezza inusitata e un'attenzione alle dinamiche effettive della vita personale e collettiva; mentre persino gli insospettabili si fanno avanti, fino agli ammiccamenti borghesi e compiaciuti di chi esibisce ateismo ma bacia quasi quotidianamente la tonaca come Eugenio Scalfari, e esaltano l'azione del papato di Francesco, il cattolicissimo Trentino si abbottona e trincera nel silenzio a proposito di un tentativo di tastare il polso alle comunità dei credenti su questioni decisive della vita e della convivenza? Le questioni sono di portata amplissima e riguardano il tentativo di aprire un'osservazione e uno spiraglio di esame di realtà in campi in cui regnano silenzio, paura e ipocrisia. Un esempio tra tutti. Ad ogni sondaggio o analisi gli italiani si dichiarano cattolici con percentuali che superano il novanta per cento. Uno dei precetti decisivi riguarda la contraccezione e ogni divieto di controllo delle nascite che non sia, come si dice, naturale. Come vanno le cose nella dinamica demografica italiana è sotto gli occhi tutti. Abbiamo meno di un figlio per coppia e non riusciamo a rimpiazzare la popolazione. Il saldo attivo è dovuto all'immigrazione. Data la proliferazione demografica mondiale e la crisi della risorse, non riteniamo si tratti di un problema. Abbiamo bisogno di una meno ingiusta distribuzione delle risorse e di politiche migratorie all'altezza del presente. Ma certamente viene da chiedersi se gli italiani che si dichiarano credenti nel cattolicesimo hanno smesso di accoppiarsi. O se lo fanno, come è augurabile che sia, ponendo al centro sia l'amore e l'affetto che, quando vogliono, la riproduzione. Eppure l'abbottonamento dei politici locali, nessuno escluso, su quello che se non è un boicottaggio è perlomeno una pratica all'insegna del vecchio andante: "ogni bel tacer non fu mai scritto", fa impressione. Lo scarto tra le risposte attese dalla base, al questionario voluto dal Papa, e quelle che sono pervenute, non può essere fatto passare per qualcosa di casuale. Meriterebbe attenzione, soprattutto da parte di chi governa, e invece quell'abbottonamento si presenta come segno di ulteriore distacco tra la politica e la società. Nè si può dire che le questioni teologiche sono altra cosa dalle dinamiche sociali. Di cosa si occupa la teologia, come gli orientamenti di questo Papa dimostrano ampiamente, se non della vita delle persone e delle loro scelte. L'abbottonamento raggiunge poi il suo vertice a proposito della cacciata della docente lesbica dalla scuola Sacro Cuore di Trento. Immagino ci possano essere contestazioni sull'uso del termine "cacciata", ma mi pare che gli eufemismi in questo caso potrebbero essere messi da parte. Prendiamo atto una volta per tutte di essere in una società omofoba. È la prima condizione per elaborare il problema e uscirne. Persino il sindacato, nel tiepidume delle reazioni, usa il condizionale sui diritti all'assunzione che l'insegnante "avrebbe" conseguito. Li ha conseguiti o no? La costituzione italiana vieta o no ogni forma di discriminazione in quel campo? Basta. Il resto non conta, se non per impegnarsi a far evolvere una cultura dominante perbenista che persiste a non riconoscere la libertà e le differenze come un valore prezioso. Viviamo un tempo di paure varie e il rischio di conformismo pare dominare la scena. Il pluralismo dei comportamenti sessuali è una realtà acclarata e indiscutibile. Allora perché ubbidire a fantasmi del passato che portano solo a celare la realtà e a viverla in maniera nascosta quando non perversa, come si evidenzia da più parti? Se l'obbedienza non è più una virtù, come sosteneva lo scomodo e straordinario Don Lorenzo Milani, e se perfino il Papa si pone delle domande, allora perché non esprimersi? O siamo più papisti del Papa? "Libertà vò cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta", ha scritto quel signore Padre della patria che ci guarda e guarda il palazzo di chi governa dalla piazza che porta il suo nome, a Trento.