Fermarsi a guardare

Di Ugo Morelli.
Hic et Nunc

Guardando i paesaggi di Tullio Pericoli al Mart di Rovereto e al Mag di Riva del Garda viene da pensare che è proprio vero quello che diceva spesso un mio compagno di scuola: "....la storia non è semplice come l'algebra", un'affermazione che richiama un verso di Boris Pasternak che da sempre mi fa compagnia: "La vita trabocca sempre dall'orlo di ogni tazza". Una vera e propria celebrazione del modo in cui interiorizziamo la natura e i luoghi in cui nasciamo e siamo immersi, ma anche il segno della proiezione nostra nei luoghi. Una conferma che il paesaggio è dentro di noi è intorno a noi, allo steso tempo. Del resto questa risonanza che ci appare fin dalla nostra infanzia in Trentino e in Alto Adige è stata nel tempo ascoltata: la combinazione "sangue e suolo" descrive bene aspetti rilevanti della storia e dei modi di vivere delle popolazioni, delle regole e delle scelte. Eppure se ci chiediamo quali condizioni aprono a maggiore profondità in una relazione col proprio mondo, con i propri luoghi, proprio non riusciamo a sciogliere il "mistero". Cerco di fare un uso laico della parola "mistero", infastidito come sono da tutte le propensioni delle nostre menti a consegnarsi ai misteri. Il mistero da sciogliere oggi pare che riguardi la difficoltà da più parti evidente a rendersi conto della centralità del rapporto paesaggio, ambiente e territorio per l'economia, la vivibilità, la nostra stessa socialità e i fattori di distinzione identitaria. Da un lato sono fattori dati per scontati, quasi a trascurare il fatto decisivo che sono stati creati e costruiti nel corso del tempo dalla cura e dall'azione delle donne e degli uomini. Dall'altro sono fattori abusati, come se fossero risorse illimitate e sempre disponibili. La vi più opportuna e adatta sarebbe quella di governarli. Possono, infatti, essere governati, ma ci vuole determinazione e coraggio delle scelte. Non mi pare che bastino i tempi di frequentazione dei luoghi, la tradizione o la sua celebrazione, né i cosiddetti interessi comuni. Anche perché gli interessi a riguardo non sono affatto "comuni". Sono anzi spesso conflittuali. E in questo non ci sarebbe nulla di male se si fosse disposti a gestire efficacemente il conflitto, inteso ancora una volta come incontro tra differenze di interessi, di identità e di culture. Potrebbero emergere scelte efficaci e migliori di quelle che ognuno, da solo, ha in mente. Di fronte ai paesaggi di Pericoli accade e può accadere qualcosa di più profondo che si avvicina all'indicibile e riguarda il sottile percorso di una rara malinconia dell'essere, di un modo inquieto di domandarsi cosa sia il senso del tutto, di mettere in campo domande fino allo scetticismo auspicando di tenerlo a un livello ben temperato. Accade, insomma, che con tutto il pudore e l'attenzione nel dirlo, si ricongiungano, grazie al dialogo con le opere, parti essenziali di noi a noi stessi. Questo e altro l'arte può fare per noi. Allora si capisce che nella storia del rapporto tra donne, uomini e ambiente, nei territori dell'autonomia, si sono generati dei modi originali di essere e di vivere. Non foss'altro che per valorizzare quella storia, oggi si dovrebbe fare un salto di qualità nel pensarsi e nel pensare alle scelte da fare. Così come nel passato chi ha vissuto nei nostri luoghi lo ha fatto pensando a chi sarebbe venuto dopo, dovremmo agire e scegliere facendoci guidare da chi ci seguirà. Se a guidarci è solo l'egoismo del presente, noi tenderemo a soddisfare gli appetiti che abbiamo, qui ed ora. Diversamente penseremo con un senso di responsabilità che non è ascritto, non determinato, cioè, da qualche indicazione morale esterna, ma dalla responsabilità relazionale che nasce dal senso dell'altro e dalla nostra risonanza con gli altri, che sono la fonte della nostra stessa individuazione. Quegli altri nn sono solo quelli che sono già qui, ma sono quelli che verranno e erediteranno le nostre scelte, subendole o godendone. Anche in questo consiste il senso e il valore dell'autonomia.