Uomini o insetti? Di Ugo Morelli. Hic et Nunc "Siamo uomini o caporali?", si chiedeva con il suo umorismo insuperabile Totò, il principe de Curtis. Parafrasando la sua comica ironia noi potremmo chiederci se siamo uomini o insetti. La notizia dei coltivatori cinesi trasformati in "insetti umani" è l'ennesima che dovrebbe indurci a riflettere sulla nostra condizione negli ecosistemi in cui viviamo oggi. Che cosa sta accadendo? Semplicemente, si fa per dire, un suicidio del ciclo biologico in agricoltura, dovuto principalmente alla scomparsa delle api a causa dell'inquinamento da pesticidi e da deforestazione. Forse non solo i bambini oggi ignorano che l'impollinazione delle piante e quindi la produzione dei frutti è dovuta alla straordinaria velocità dei piccoli animali che provvedono a impollinare le piante e quindi a permettere la produzione di frutti. Anche noi adulti mostriamo di averlo dimenticato o di non saperlo. Lo facciamo tenacemente con i nostri comportamenti che risultano la causa principale della rottura di questo fondamentale ciclo biologico. Uno sciame di api, come mostrano i rapporti di ricerca su questa catastrofe naturale, ha una capacità di fecondazione di almeno duecento o duecentocinquanta alberi al giorno. Scopriamo ora che, in particolare in Cina, si ricorre all'uso di donne e uomini trasformati in "insetti" per provvedere all'impollinazione. Scopriamo, inoltre, che un essere umano non riesce a impollinare, con tecniche faticose, più di una ventina di piante in nove o dieci ore. Si sa che Albert Einstein aveva previsto che se fossero scomparse le api ci sarebbero stati problemi per gli esseri umani. Più volte su questo giornale abbiamo provato a documentare le difficoltà di noi esseri umani a cambiare idea e comportamenti. Si tratta di difficoltà legate come siamo fatti in quanto la forza dell'abitudine riesce a rassicurarci e a garantirci un senso di continuità rispetto al passato. Sono tutte questioni oggi abbastanza note e chiare. Se torniamo sull'argomento è perché la notizia data dagli organismi di ricerca internazionali sulla crisi dell'agricoltura cinese dovuta alla scomparsa delle api, ci sembra particolarmente rilevante per accendere l'attenzione sull'economia, il paesaggio, l'ambiente e il territorio in Trentino. Come è noto nella nostra realtà il suolo agricolo coltivabile giunge appena al 10% scarso. È altrettanto evidente che le tipologie di conduzione delle aziende agricole puntano sempre più a processi di industrializzazione, secondo le caratteristiche di un modello tipicamente padano, dell'agricoltura trentina. Tutti sappiamo, con una certa evidenza, che i vantaggi competitivi specifici del sistema agricolo Trentino e dei prodotti è dovuto principalmente alle specificità legate alla vocazione dei territori montani. Non potendo puntare sulle quantità, prima per non averne le caratteristiche dal punto di vista orografico e territoriale, e poi per la natura della domanda oggi, sempre più orientata a prodotti distintivi con caratteristiche di naturalezza e di tutela della qualità alimentare, verrebbe naturale pensare che i margini di scelta sono sufficientemente definiti e capaci di garantire anche importanti opportunità economiche e commerciali. Allora viene da chiedersi come mai non si assumono queste semplici e chiare conoscenze come fondamento di una strategia per l'agricoltura che contemporaneamente può tutelare il paesaggio, l'ambiente e il territorio. Non abbiamo mai creduto, sia per la ricerca che per esperienza, che la consapevolezza di un problema basti a cambiare comportamenti e orientamenti. Conosciamo gli evidenti interessi organizzati che tendono verso certe prospettive di massimizzazione dei risultati nel minimo tempo. Ciò detto però ci sembrerebbe, oggi, particolarmente importante una assunzione di responsabilità a partire da una considerazione molto semplice: insistere in una certa direzione genera processi autodistruttivi, tali per cui si mettono in discussione, si pregiudicano e purtroppo si distruggono le stesse condizioni che rendono possibile quel risultato così desiderato. Proprio questa contingenza epocale riteniamo possa essere un elemento di riflessione per riconoscere le distinzioni specifiche della nostra realtà e integrare economia, cultura, paesaggio e senso di futuro. Una volta tanto impariamo anche dagli scenari angoscianti che già sono in atto in contesti diversi dal nostro, per i quali qui purtroppo esistono già le premesse anche da noi. Quelle premesse andrebbero invertite con azioni chiare e precise, fondate su scelte responsabili. |