La bellezza: attenzione alla retorica

Di Ugo Morelli.
Hic et Nunc

Non so a voi, ma a me questa indigestione di “bellezza” suscita allo stesso tempo un senso di nausea e non pochi interrogativi. Stiamo tirando il concetto da ogni lato, come accade anche in questi giorni in Trentino e in Alto Adige, e l’impressione che emerge è che non si sappia più di cosa si stia parlando. Se la bellezza doveva e dovrebbe salvare il mondo, varrebbe la pena chiedersi perlomeno qual era la domanda. E invece no. Dal malinteso clamoroso, da parte dei più, sul significato del titolo del film di Sorrentino, “La grande bellezza”, che ha vinto l’Oscar come miglior film straniero, all’affermazione di Agnes Heller a Bolzano, secondo la quale “la bellezza dona amore e salvezza”, più che altro pare pervasiva la confusione. Non si capisce, ad esempio, come nel film di Sorrentino la crudezza e l’ironia dei contenuti possano aver autorizzato a pensare alla positività del concetto contenuto nel titolo. Così come non è facile uscire da una sensazione di mieloso moralismo di fronte alle affermazioni di Heller o alle genriche considerazioni di Bauman su una presunta “liquidità”, usata in tutte le salse, in un tempo che mostra un volto che più duro non potrebbe essere in molti campi della nostra vita. Se questa è la prova della rinascita della sociologia, come qualcuno sostiene, stiamo forse scambiando la genericità opinionistica con la conoscenza. Sarebbe perlomeno importante tentare di verificare in che senso parliamo di bellezza. Se ci riferiamo a canoni formali, a situazioni che generano una qualche commozione, agli aspetti esteriori delle cose, agli usi del concetto diffusi ormai in ogni talk-show televisivo, ebbene non può che trattarsi di illusioni cosmetiche che lasciano il tempo di qualche brividino. Se poi ci riferiamo a moniti morali, a invocazioni di comportamenti, a sollecitazioni normative, sarebbe bene rendersi conto che per quella via non è quasi mai cambiato nulla. Gli studi sul tema della bellezza e dell’esperienza estetica nella nostra vita ci consegnano da tempo delle importanti verifiche. Siamo in grado oggi di sapere che la bellezza ha a che fare con il rapporto tra il nostro mondo interiore e i modi in cui ci rapportiamo agli altri e al mondo intorno a noi. Sappiamo che in quel rapporto può accadere che si creino risonanze particolarmente efficaci che ci elevano, ci ampliano, estendono il nostro mondo interiore e, in una parola, ci migliorano. Non si tratta però solo di atti di buona volontà e men che meno di sortilegi e magie, o di predisposizioni moralistiche. Si tratta di agire politicamente, nel senso più pieno della parola, nel mondo, per la giustizia, la creatività e le opportunità per sé e per gli altri, e di fare un buon lavoro di ricerca col proprio mondo interiore. Ancor prima si tratta di investire in educazione alla bellezza e alla creatività, e tutti sappiamo come sono trattate l’arte, la musica e la creatività in generale nelle nostre scuole. Tutti sappiamo qual è l’attenzione effettiva riservata alla cura e alla bellezza degli spazi e dei paesaggi delle nostre vite. Come aveva sostenuto il premio Nobel Iosif Brodskij, è solo lavorando alla riduzione della volgarità, intesa come ingiustizia e mortificazione dell’espressione umana, che possiamo fare spazio alla bellezza. Diversamente il rischio è di scadere nella retorica vuota.