Sociatria, ovvero curare la nostra società
Di Ugo Morelli.
Hic et Nunc
Se c’è una costante del nostro tempo è il “coro di bocche chiuse” della distanza dall’impegno. È un clima in cui prevale l’indifferenza rispetto alle questioni più importanti che coinvolgono le nostre vite. Noi disponiamo della facoltà di negare. Possiamo dire che non siamo d’accordo. Obiettare è un atto decisivo della nostra presenza attiva. Negare però può diventare anche un modo di nascondere la realtà delle cose. Neghiamo anche per sottrarci alle nostre responsabilità. Neghiamo per indifferenza, appunto. Allora si pone un tema inedito per la nostra contemporaneità: prendersi cura della nostra società locale e globale, che sulle questioni più importanti si mostra indifferente e molto spesso irresponsabile. Si pone insomma una questione di “sociatria”, di cura responsabile della società. Così come per Socrate era importante educare l’umanità a una saggezza (phronesis) concreta in atto, a un processo di guarigione dell’autocoscienza, a un pensiero critico che fosse in grado di contrastare gli abusi politici, anche per noi si tratta di divenire abili a decifrare una “situazione di ambigua superficialità e di adeguamento al luogo comune che forse è”, come evidenzia Gillo Dorfles, “una delle costanti degli ultimi tempi”. Anche alla luce dell’elevata astensione in occasione delle ultime elezioni provinciali, abbiamo potuto constatare come l’indifferenza alla responsabilità verso la cosa pubblica riguardi anche la nostra società locale. Basti richiamare oltre all’astensione due fenomeni tra i più problematici. Il primo è la crisi delle risorse e la salvaguardia del paesaggio, dell’ambiente e del teritorio, in una parola: della nostra vivibilità. Il secondo riguarda quella che è forse la principale ragione dell’attuale crisi: il capovolgimento del rapporto tra democrazia ed economia a evidente svantaggio della prima. Una via per un percorso di emancipazione deve partire, molto probabilmente, da quest’ultimo fenomeno e può essere affrontato con l’investimento in cultura e educazione, anche degli adulti. Non abbiamo ancora visto un deciso programma in tal senso negli orientamenti e nei programmi del nuovo governo provinciale. Eppure viviamo in un’atmosfera di elevata incertezza sulla capacità e il destino della democrazia. Solo una costruzione innovativa di un’impalcatura estetica, cioè di una riconnessione del legame fra cittadini e forme di governo democratico, può essere la base di una prospettiva di qualità di vita e giustizia sociale. La partecipazione democratica, che è il canale per ogni possibile sviluppo in questa direzione, necessita di un humus culturale da creare; quello che avevamo non solo si mostra obsoleto, ma non sarebbe adatto al presente. Si tratta di creare le condizioni per elevare noi tutti dalla posizione di spettatori a un cammino emancipativo nei confronti di un processo che è allo stesso tempo locale e planetario. Quel processo oggi, se lasciato a se stesso, punta a conformare l’uomo, a ridurlo, a paralizzarlo, a inserirlo in un’area sociale conformista con il condizionamento del totalitarismo mediatico, che riguarda in modo particolare le società locali, meno attrezzate per un uso critico delle informazioni e della conoscenza. Quello stesso processo, però, può essere la via per nuove forme di responsabilità e partecipazione al governo delle nostre vite, delle nostre società e del nostro destino.
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