Pirateria virtuale, solidarietà reale

Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

Ho subito un atto di pirateria elettronica con furto d’identità e conseguenze annesse. Chi ha fatto l’operazione ha scritto a tutti i destinatari della mia rubrica di posta elettronica un’e-mail col mio indirizzo come mittente. In quella lettera si comunicava che io, essendo all’estero per un viaggio di lavoro, ero stato derubato, e necessitavo di un invio di mille euro mediante un operatore internazione, per le urgenze e per rientrare in Italia. Nel giro di poche ore mi sono ritrovato in un turbinio di problemi. Ai primi avvisi dei conoscenti più vicini e dopo essere intervenuti per cambiare coordinate e password, è seguita una fitta rete di telefonate e messaggi di persone disponibili a inviarmi il danaro per aiutarmi. La lettera del pirata presentava non pochi elementi di sospetto e falsità, dalle sgrammaticature alla sintassi. Certo, era inviata con il mio indirizzo in intestazione. La falsità della lettera era però riconoscibile, anche per la consuetudine con cui questi fatti accadono. Persone particolarmente esperte, come direttori di banche italiane e internazionali, mi hanno telefonato per chiedermi come aiutarmi. Tra loro ci sono persino degli ingegneri informatici e il rettore di una nota università italiana. Molti amici e conoscenti, studenti e interlocutori mi hanno cercato per verificare se avessi bisogno di aiuto. Mi sono chiesto allora cosa stesse prevalendo in tutte queste persone. La risposta non è difficile: l’affetto e la solidarietà. Una bella prova di vicinanza e solidarietà, di civiltà e legame sociale, in un tempo come questo in cui continuiamo a denunciare la pur presente e preoccupante indifferenza. Ha prevalso la solidarietà in persone che avevano e hanno tutti gli strumenti per capire la truffa, ma si saranno detti che nel dubbio è meglio far prevalere l’attenzione e la cura. Avranno pensato che potevo aver bisogno davvero e che era meglio cercarmi e non rischiare di lasciarmi nelle difficoltà. Qualcuno ha anche inviato il danaro dopo aver chiesto i riferimenti al pirata, rispondendo alla sua e-mail. Ha dovuto poi cercare di annullare l’operazione all’ultimo momento, dopo avermi contattato per dirmi che aveva provveduto a inviarmi i soldi. L’operazione è andata avanti per più giorni e avendo avuto sabotato la rubrica degli indirizzi, non è stato possibile avvisare le persone che comparivano nel mio indirizzario. Mentre ho vissuto il profondo disagio dell’intrusione e del sabotaggio, insomma, ho potuto verificare che il virtuale non solo non elimina la solidarietà ma può anche incentivarla. Sono preoccupato, però, per l’effetto “al lupo, al lupo”: dovessi davvero avere bisogno in futuro non sarebbe facile farmi credere. Così come sono preoccupato per un messaggio via cellulare di un mio amico che, avendo riconosciuto la falsità della lettera, almeno così spero, mi ha scritto: “A me la tua mail disperata è arrivata ora. Ma me ne frego: puoi crepare di fame in Inghilterra. Ah, ah, ah”.