Alta formazione, tessitura bassa

Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

Alla luce dell’ultimo rapporto Onu sull’ambiente, pubblicato in questi giorni, viene voglia di prendere per mano il mondo. Di occuparsene perfino creando una religione laica della natura. Sarebbe in fondo un modo per prendere per prendere per mano noi stessi e cercare di condurci fuori dal baratro. O perlomeno di prendere per mano i cosiddetti negazionisti, coloro che hanno detto e dicono che non è vero, che è tutto inventato, che il riscaldamento globale e gli effetti dei comportamenti umani sul clima sono illusori, che non si può dire e via cantando. Mi faceva riflettere un responsabile dell’amministrazione sarda che, dopo la tragedia, l’ultima della serie, chiedeva scusa di infierire contro il disastro annunciato, contro l’urbanistica selvaggia, contro lì edificazione nel greto dei fiumi, perché ora bisogna occuparsi delle vittime. Così come mi suscitava sdegno il sindaco di Olbia che chiedeva di non fare polemiche perché ci sono le persone da aiutare. Bisogna aiutare le persone e configgere. Polemica viene da polemos, greco, che vuol dir conflitto. Solo confliggendo, confrontandosi con i diversi punti di vista, con coloro che non hanno considerato la sacralità del resto del vivente, della nostra unica casa, dei nostri luoghi di vita e dei nostri paesaggi, si potrà, forse accedere ad una consapevolezza diversa del paesaggio, dell’ambiente e del territorio come contesti della nostra vita. Ecco allora l’importanza di mettere mano all’alta formazione, a quella formazione che è alta non perché riguarda le élites, o perché è troppo complicata, ma in quanto raggiunge i punti più alti della nostra consapevolezza e cerca di promuovere cambiamenti di culture e di comportamenti. Per essere alta, quella formazione deve generare una tessitura bassa, una trama sottile tra le persone. Non solo tra gli addetti ai lavori, ma tra la cosiddetta gente comune, laddove il conformismo è più diffuso e la forza dell’abitudine batte più forte. È questo tema che è stato dibattuto nel recente convegno patrocinato dalla Fondazione Dolomiti Unesco : “Progettare paesaggi dolomitici”, che si è svolto a Trento e che ha posto al centro la responsabilità delle scelte riguardo al paesaggio, all’ambiente e al territorio. In questo senso si tratta di prendere per mano il mondo, di condurlo su una via più retta e capace di riconoscere che il paesaggio non è il contorno ma la sostanza della nostra vita, come mostrano i tragici eventi della Sardegna o delle Filippine. Dobbiamo necessariamente renderci conto che non basta più tutelare il proprio particolare e il proprio orticello. Sono le relazioni tra le parti che determinano le sorti delle singole parti. Allora pare necessario valorizzare le scelte fatte, e fare allo stesso tempo un salto di qualità. In primo luogo si tratta di aumentare le menti. Sappiamo con evidenza che quello che pensiamo si traduce in azioni e comportamenti. Allora realtà come quella trentina e altoatesina che non partono da zero, sarebbe bene che agissero per aumentare le possibilità della vivibilità e distinguersi.