Conoscenza e innovazione
Di Ugo Morelli.
Hic et Nunc
Gli importanti investimenti in conoscenza fatti nella nostra realtà stanno dando i loro frutti e il Muse ne è la prova più evidente, insieme al Mart, al sistema della ricerca e all’Università. Si tratta di una via maestra per fare della conoscenza il motore di un modello di sviluppo appropriato a un sistema locale che può essere territoriale ed europeo, locale e planetario, solo a queste condizioni. La questione della conoscenza comporta però almeno due problemi: quello dello scarto e quello della posizione. Curioso è che entrambe le questioni abbiano a che fare con il movimento. A pensarci bene poi non tanto, in quanto il pensiero stesso, e soprattutto la possibilità di cambiare idea e innovare, hanno a che fare con la disposizione a muoversi verso altre prospettive, altre soluzioni, altri lidi. Consideriamo in primo luogo lo scarto: è la distanza, a volte profonda, tra gli avanzamenti della ricerca e il senso comune. Se c’è una responsabilità che hanno le istituzioni culturali e i mezzi di comunicazione, consiste nel fatto che le prime sono troppo autoreferenziali e parlano linguaggi specialistici e inaccessibili, mentre i secondi puntano soprattutto ad amplificare quello che è eclatante, il senso comune, e spesso le banalità, come accade soprattutto con la televisione. Ciò produce un analfabetismo di secondo livello e rende inaccessibile la conoscenza che conta per vivere consapevolmente i tempi odierni. Vediamo adesso la posizione: essa ha a che fare con l’esercizio della responsabilità. Conoscere, infatti, non è solo cercare di comprendere un poco meglio qualche aspetto e qualche fenomeno del mondo, ma è anche assumere una posizione responsabile, sia nella scelta dei temi di cui ci si occupa, sia nella comunicazione e divulgazione dei risultati della ricerca. Nel mio campo, ad esempio, si possono usare le scienze cognitive per occuparsi di come sostenere le tecniche commerciali per vendere i titoli finanziari indipendentemente dalla loro qualità, impegnandosi nella finanza comportamentale, o di studiare i vincoli cognitivi e affettivi che stanno alla base del conformismo e dei pregiudizi etnici. In entrambi i casi il tema scelto e la posizione che si assume, cioè da che parte si sta, sono dirimenti. Le torri d’avorio e la pretesa neutralità dei saperi sono meccanismi difensivi difficili da dimostrare e ancor più da accettare. Allora l’impegno consiste nel mettere mano allo sviluppo di processi di mediazione. Abbiamo bisogno di cura della divulgazione e di attenzione a comunicare come creiamo la conoscenza, non presentandola mai come verità. La ricerca non ha a che fare con la verità, che è una categoria etica, ma con il dubbio e con l’aumento delle possibilità di scelta. Abbiamo bisogno di educazione e formazione degli adulti, innovando finalmente contenuti, metodi e strategie della formazione e dell’aggiornamento professionale, ma anche esistenziale. Abbiamo bisogno, insomma di comporre lo scarto e di assumerci posizioni responsabili; di affrontare cioè il diaframma tra ricerca e senso comune, per creare nei nostri luoghi una società della conoscenza e dell’innovazione.
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