"Gioco a perdita certa" e inaccessibilità al conflitto Nelle dinamiche antagonistiche esistono giochi che potremmo definire “giochi a perdita certa”. Essendo certo l’esito, è dubbio che si possa parlare di gioco. E tuttavia quei giochi hanno questo di particolarmente pernicioso: che danno l’illusione che si stia continuando a giocare, mentre di fatto quello in atto è un processo di dominio unilaterale simile a quello che fa il gatto con il topo, una volta che lo ha definitivamente incastrato in un angolo e, certo di dominarlo e dell’esito dell’azione in corso, si diverte a giocherellare con lui prima di mangiarlo. Potremmo chiamare quei giochi anche “giochi a vincita certa”, qualora ci si ponga dal punto di vista di chi domina in quel gioco. Non è naturalmente possibile analizzare una dinamica di “gioco a perdita certa” senza considerare il ruolo della parte dominata nel farsi dominare. Né si può evitare di prendere in esame il ruolo del “terzo”, qualora ne esista uno, nello svolgimento della relazione. Il “terzo”, che di solito in una dinamica conflittuale ha una posizione neutrale e affrancata da vincoli con il “primo” e il “secondo”, quando il gioco conflittuale degrada verso un “gioco a perdita certa” e, quindi, verso l’antagonismo e il dominio unilaterale di una parte sull’altra, il terzo dicevamo, in quei casi, viene purtroppo assorbito nell’orbita della parte dominante, suo malgrado, fino a dipendere da quella parte per la sua stessa legittimazione. Si tratta di una premessa evidente del monopolio come esercizio del potere e della sua forma totalitaria di nuovo tipo. Ebbene, il gioco descritto, quello “a perdita certa”, è il gioco che si è giocato nelle ultime ore in Italia. Una delle strategie dell’attuale maggioranza che governa l’Italia trascinata dal suo capo, come si sa, è quella di creare “stati di eccezione” per proporsi immediatamente come salvatrice e risolutrice salvifica, con elevati effetti di consenso populista. Gli estremi di un “gioco a perdita certa” si sono consumati con il decreto salva liste di destra firmato dal Presidente della Repubblica. La lettera di risposta ai cittadini che il Presidente ha scritto e che è circolata dalla rete ai giornali, è una prova evidente del fatto che quello che si è verificato è un “gioco a perdita certa”. In quel tipo di “gioco”, chi è sotto scacco, purtroppo il “terzo” in questo caso, vista l’inesistenza strategica e politica del secondo, qualunque mossa fa, perde. Perde il “terzo” e perdono le istituzioni fondamentali, anche a fronte della mossa illusoriamente e apparentemente meno costosa nell’immediato. Il Presidente della Repubblica, infatti, mostra una stanchezza da sovraccarico di responsabilità per le irricevibili e allo stesso tempo non rinviabili richieste della maggioranza al governo e del suo padrone effettivo, ma anche per il sovrappeso che l’assenza di fatto dell’opposizione gli rovescia addosso. Rifiutando la firma al decreto si sarebbe messo sotto scacco come responsabile della negazione del diritto di candidatura in elezioni democratiche. Firmando ha legittimato uno scacco matto alle istituzioni di gravità estrema, costretto peraltro a chiedere a chi governa di rispettarlo: una dichiarazione di sottomissione a chi usa le istituzioni per farsi eleggere e poi dileggiarle e disintegrarle.
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