Tecnologie dell'informazione e apprendimento
Di Ugo Morelli.
Hic et Nunc
Il timore che l’attenzione riservata all’educazione mediante le tecnologie dell’informazione dalle case produttrici di hardware e software sia interessata, è più che giustificato. Mentre, però, l’Lhc al Cern di Ginevra è un esempio di come la scienza possa essere curiosa e disinteressata, non pare che accada la stessa cosa quando intere schiere di imprese che producono tablet e software per i social network, sponsorizzano la pletora ormai incontrollabile di convegni e incontri per introdurre e diffondere il web nelle scuole di ogni ordine e grado. Non si tratta, sia chiaro, di limitare la diffusione e l’uso, sia della rete che delle tecnologie, e della loro potenzialità nell’apprendimento. Anzi, semmai in questo campo scontiamo un grave ritardo. Né è il caso di esibire prospettive tecnofobiche, essendo la tecnica parte integrante della nostra cultura e del nostro processo evolutivo. Il fatto è che bisognerebbe partire dai temi della conoscenza e dell’apprendimento e con quelli definire i criteri e i metodi d’uso delle tecnologie dell’informazione nell’educazione. Avvedutamente la Provincia autonoma di Trento si è dotata di un dipartimento della conoscenza che potrebbe occuparsene. La riflessione e l’approfondimento sul tema dovrebbero essere perlomeno all’altezza della pervasività delle tecnologie e, in particolare, della rete, dei tablet e dei social network. Così non pare che sia. Un’analisi degli esiti dell’uso improvvisato e indiscriminato di questi strumenti nella scuola consente di fare alcune semplici considerazioni. Studiando i testi elaborati in classe con il solo uso della rete, e analizzandone i contenuti, ci sono tre aree nelle quali appare necessario intervenire, sia con l’analisi che con l’azione finalizzata. In primo luogo è necessario partire dal fatto che il livello di conoscenza necessario per una disciplina, oggi, anche per il ruolo della rete, si è decisamente espanso. Non solo abbiamo bisogno di padroneggiare i contenuti, ma anche di seguire gli aggiornamenti giorno per giorno. La prima cosa necessaria è perciò un livello di conoscenza evoluto da parte di chi insegna, che permetta il controllo delle fonti, e non sempre è così. Ciò produce esiti non desiderabili: i libri e i testi costruiti in proprio possono risultare problematici, imprecisi e anche peggio. C’è poi la questione della padronanza dei mezzi tecnologici. Anche in questo caso gli allievi spesso ne sanno più dei docenti e il controllo sull’uso, sulla versatilità e sui prodotti necessita di un salto di qualità che in molti casi è per ora assente. La terza questione riguarda la struttura dell’attenzione, la concentrazione su un compito e sulla sua definizione e la capacità della mente umana di sviluppare un percorso alla volta, procedendo per ipotesi, verifica e falsificazione, perché non si produca un effetto del “tutto vero/tutto falso”, che può essere decisamente confusivo. Se vogliamo fare sul serio sul rapporto tra tecnologie dell’informazione e apprendimento, dobbiamo partire dalla mente che apprende e costruire percorsi di evoluzione dei metodi e dei contenuti all’altezza della complessità che vogliamo affrontare, anche per evitare un analfabetismo di secondo livello.
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