Il paesaggio: un punto di non ritorno
Di Ugo Morelli.
Hic et Nunc
Come vi sentireste se, attraversando il deserto con una limitata scorta d’acqua, la vostra guida, per ottenere il vostro consenso e per compiacervi, vi proponesse di soddisfare la voglia che avete di lavarvi, usando l’acqua a volontà per fare docce rinfrescanti? La nostra condizione riguardo al paesaggio, all’ambiente e al territorio non è neppure quella dei viandanti del deserto. Loro hanno l’aspettativa di trovare prima o poi un’oasi; noi no. Dobbiamo tesosizzare e valorizzare senza distruggerli i patrimoni che abbiamo, fonti della nostra storia, della nostra vivibilità, della nostra identità e della nostra economia. Ci sarebbe da chiedersi allora come mai spuntano qua e là pifferai magici che propongono nuove forme di cementificazione, naturalmente aggettivate come “sostenibili”, utilizzando un po’ sciacallescamente la crisi come pretesto per ricominciare la grande abbuffata. A chi si comporta così, ci chiediamo, verrà mai in mente che le imprese che si occupano di edilizia potrebbero riconvertirsi e rinnovarsi, occupandosi finalmente di valorizzazione e ripristino dei patrimoni civili, industriali e viari che esse stesse hanno costruito nei modi tradizionali e superati? Ci sarebbe un grande bisogno di competenze in quel campo, che può dare vita a una importante economia. Ma si sa, per fare tesoro dell’acqua bisogna mettersi in gioco e cambiare se stessi; per scavare pozzi all’infinito si può rimanere imperturbabilmente fissi e uguali a prima. Il fatto è che nel frattempo la società civile mostra di essere più avanti di chi si propone di governarla e la maturità rispetto ai limiti e al valore delle risorse paesaggistiche, ambientali e territoriali ha fatto molti passi avanti. Anche grazie ad alcune decisive scelte di governo che con un certo anticipo sui tempi in questa provincia sono state avviate. Una verifica appena svolta sullo stato dell’arte nelle Comunità di valle, mostra che il processo di governo del cambiamento è non solo avviato, ma a un punto di non ritorno. O meglio, a un punto che, per tornare indietro, bisognerebbe far pagare ai trentini due costi: quelli sostenuti per avviare la nuova pianificazione urbanistica con al centro il valore del paesaggio; quelli che si pagherebbero, e sarebbero altissimi, per una mancata riforma delle autonomie locali che consenta ai comuni di scegliere insieme, integrati in Comunità, per decidere del proprio destino e non rimanere isolati nella loro visione campanilistica. I piani territoriali di comunità sono in avanzamento e si scopre il valore di scegliere insieme. Come sempre cambiare è difficile, ma non cambiare è peggio. Chi sta governando lo sa e lo dice e porta avanti il cambiamento con coraggio. Al centro c’è la voglia di uscire da un modo di intendere il territorio come sede di tutto quello che ci va di farci; l’ambiente come scontato e il paesaggio come contorno decorativo, quando va bene. Chiamiamo questo modello TAP (Territorio/Ambiente/Paesaggio). Verso dove si standando? Verso una centralità del paesaggio come spazio per le nostre vite e per quelli che lo preferiscono venendo a visitarlo; l’ambiente come il contesto di cui siamo parte; il territorio come sede delle scelte responsabili coerenti con i primi due punti. Chiamiamo questo modello PAT (Paesaggio/Ambiente/Territorio). Le iniziali di Paesaggio/Ambiente/Territorio, del resto, fanno rima con Provincia Autonoma di Trento; sarà anche un caso ma indica la via per costruire il proprio destino da parte delle comunità locali.
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