Paesaggi per vivere. Da Adriano Olivetti a Colin Ward Di Ugo Morelli. Archivio Sezione Hic et Nunc I sistemi locali possono essere laboratori di innovazione e generazione dell’inedito.Mentre sta per partire il primo corso di specializzazione per esperti di paesaggio per le commissioni urbanistiche delle costituende Comunità di Valle, il Trentino si appresta a cogliere un’occasione storica per divenire una società europea. La Scuola per il governo del territorio e del paesaggio voluta da Mauro Gilmozzi, avviando questo ulteriore progetto, interpreta, infatti, una profonda tradizione europea che vede nella civiltà dei luoghi la condizione per costruire l’Europa dei popoli. Proprio in questi giorni sono stati celebrati i cinquant’anni della scomparsa di Adriano Olivetti. È nota l’attenzione che Olivetti pose al rapporto tra comunità e territorio e la sua opera di promotore della cultura della vivibilità è nota in tutto il mondo. Non solo la fabbrica era concepita da Adriano Olivetti come luogo di qualità della vita, ma anche l’urbanistica, l’architettura e il governo del territorio. Le riviste che egli promosse in questo campo sono rimaste un grande patrimonio per tutti. Sempre in questi giorni è scomparso Colin Ward. Un altro grande pensatore europeo, attento agli spazi della vita come luoghi di promozione di relazioni tra gli uomini fondate sulla solidarietà e la cooperazione. A Colin Ward interessava la ricerca per la convivenza armonica nei luoghi urbani e la promozione di una cultura della vivibilità a partire dall’educazione non autoritaria con i bambini. La capacità inventiva dell’uomo fu un suo punto di attenzione costante, come ci ricordava sempre a lezione un suo importante interlocutore italiano, quale è stato Carlo Doglio. Gli ingegneri e gli architetti chiamati alla Scuola per il governo del territorio e del paesaggio, per partecipare al corso che li specializzerà a svolgere il ruolo di esperti di paesaggio nelle commissioni urbanistiche delle Comunità di valle, saranno figure cruciali per affermare in Trentino una cultura partecipata della vivibilità. A loro sarà assegnato il compito di orientare e facilitare le scelte secondo i dettami della riforma e del piano urbanistico provinciale, ma soprattutto di favorire la partecipazione al governo del territorio. Una nuova civiltà del vivere in spazi e luoghi che siano prima di tutto vantaggiosi e attraenti per le popolazioni che ci vivono, e per chi li preferisce per trascorrere dei periodi di tempo diversi, attende di essere creata. Il vantaggio di partenza è dato dalla storia del governo del territorio trentino, che ha visto prevalere l’attenzione e la tutela. Si tratta ora di declinare quella storia in una prospettiva europea, al fine di collegare il sistema locale ad un contesto allargato, che diviene, tra cultura ed economia, la nuova cornice in cui valorizzare le esperienze individuali e sociali delle comunità locali. I paesaggi urbani sono forse quelli che più di altri necessitano di un colpo d’ala teorico e applicativo per cambiare strada e innovare le nostre forme di vita. Così all’orecchio di un cittadino che vive a Trento le parole del Sindaco Alessandro Andreatta suonano come un segno di capacità di governo e di innovazione. E francamente di questi tempi fa piacere. Dice il Sindaco al Corriere del Trentino: “Il tunnel non serve solo al traffico ma a sviluppare qualità della vita nell’intera area di piazza Mostra e via dei Ventuno”. Poche volte il discrimine tra passato e futuro si vede così bene. In gioco c’è una visione dello sviluppo della città fatto di circolazione di automobili senza limiti, di inquinamento corrispondente e di crescita quantitativa. Chi ragiona così non si è accorto che qualcosa, anzi, tutto, è cambiato. Ancorato al passato e ai privilegi di pochi pensa di continuare ad affogare la città nelle auto e nello smog. Che poi vogliono dire deserto sociale nelle zone interessate. Le quali potrebbero invece essere zone di gran pregio, storico, urbanistico e di qualità della vita. Luoghi per vivere per i bambini, per gli anziani e per il turismo, nonché per tutti i cittadini che nel tempo libero possono e vogliono godersi la propria città. Ne guadagnerà soprattutto l’economia, dopo una breve prima fase di disintossicazione. Come mostrano i dati delle città di tutto il mondo, il traffico è come la dipendenza da sostanze: nei primi momenti di interruzione e di cambiamento sembra che i negozi non funzionino e le attività ne risentano; subito dopo torna la vita in quelle zone della città e si svegliano le possibilità sociali ed economiche. Ma ve lo immaginate ora un caffè bevuto ad un tavolino esterno di un bar di piazza Mostra? Eppure si potrebbe conversare con un amico godendosi il Romanino. Un paio di cose, giacchè ci siamo, possono essere aggiunte. La prima riguarda il valore di una zona molto vicina, il parco di piazza Venezia. Un polmone verde reso ora irraggiungibile da un carico di traffico ininterrotto che ne opprime la fruizione. È vero che il tunnel di via dei Ventuno, caro Sindaco, affronterà anche quel problema? È vero che tutte le attività della piazza potranno gravitare sul parco come giardino della città? La seconda cosa. Esiste da qualche anno in Europa una tradizione civile di gran valore che è la programmazione partecipata. Giungendo alle scelte di governo della città si può immaginare che il tutto non avvenga nelle stanze deputate e non cali dalle menti dei tecnici, ma che una rete opportunamente attivata di partecipazione reale delle persone possa esprimersi e molti possano prendere parte alla ri-creazione della città in cui vivono e vivranno i loro figli? Non temere questo ma affrontarlo con coraggio civile disposto al confronto può, oltre a tutto il resto, ri-connettere i cittadini e la politica, nobilitandola.
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