Politica della ricerca e sviluppo delle capacità Dialogo con Piero Angela Di Ugo Morelli. Hic et Nunc Piero Angela, sarà a Trento, al Centro Santa Chiara, il 22 gennaio, ospite del CIMeC, Center for Mind/Brain Sciences, all’interno del ciclo Neurosciences and Society, per parlare di: "A cosa serve la politica? Perché scienza e meritocrazia sono essenziali per salvare l’Italia" Nel corso dell'evento verrà consegnato il Premio Braitenberg per le neuroscienze organizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto attraverso la società Scienze Mente Cervello. Se ci chiediamo che rapporto esista tra la crescita e lo sviluppo delle capacità di ognuno di noi e il contesto in cui viviamo, noi ci stiamo ponendo una questione che coinvolge allo stesso tempo mente, cervello e società. Se poi ci domandiamo come la ricerca scientifica possa aiutare a liberare le potenzialità soggettive e collettive, possiamo verificare il valore di un investimento come quello del Cimec. Non solo dal punto di vista delle ricadute sulla cura e la patologia, ma anche con un occhio a capire l’apprendimento, la progettualità e lo sviluppo possibile degli individui e della società. Un esempio di connessione tra la ricerca scientifica e le possibili riflessioni e applicazioni alle questioni del nostro tempo è l’incontro con Piero Angela, su che il Cimec propone a Trento. La pertinenza dell’incontro riguarda una delle questioni cruciali di oggi: lo sviluppo delle capacità umane in rapporto a nuovi modelli di sviluppo. Se anche il Presidente dell’Unione Europea richiama il dramma delle conseguenze della disoccupazione e invoca un’Europa attenta al sociale e alle disuguaglianze, pare necessario chiedersi quali potrebbero essere gli acceleratori di un nuovo periodo di sviluppo appropriato. Di una tale questione Piero Angela si è occupato, con la sua capacità di divulgazione scientifica, in un libro che ha per titolo: A che serve la politica?, pubblicato da Mondadori. In un dialogo con lui, prima dell’incontro a Trento, abbiamo cercato di cogliere qualche aspetto del suo punto di vista. Una questione così apparentemente elementare, come “a che serve la politica?”, quale risposta originale può trovare? “Tendiamo a dare molta importanza alla politica come fattore di cambiamento della società. La politica può essere certamente importante nelle decisioni riguardanti la distribuzione del reddito, ma per quanto riguarda la produzione di reddito il suo è solo un ruolo di supporto e controllo. Oggi nel nostro paese, anche per il risentimento forte che c’è verso la classe politica per i suoi troppi privilegi e il malcostume diffuso, tutti tendiamo a guardare alla politica come causa e possibile soluzione di tutti i problemi. Questo atteggiamento distoglie l’attenzione e l’impegno da fattori che possono essere molto potenti nello sviluppo individuale e sociale.” E quali sono, secondo lei, questi fattori? “Penso sia necessario spostare i riflettori e occuparsi di quei motori potentissimi che nella storia sono stati i veri protagonisti dello sviluppo. Il nostro paese è pieno di talenti e di energie represse o non valorizzate, che attendono di essere liberate e di trovare il contesto giusto per potersi esprimere. È qui che la politica può svolgere il suo vero ruolo.” Che cosa può fare allora chi governa e che cosa possiamo fare noi? “In primo luogo varrebbe la pena smettere di occuparsi della politica nella cronaca quotidiana, quella politica chiusa in se stessa, incapace di vedere e capire il mondo; si tratta di divenire protagonisti, invece, di quello che la politica dovrebbe fare: migliorare l'istruzione, la ricerca, l'Università, implementare la meritocrazia e, soprattutto, adottare progetti a lungo termine che sappiano creare ricchezza. Dobbiamo interrompere la spartizione del poco latte rimasto; è ora di far crescere la mucca. Pur non essendo tutto alla deriva, mediamente siamo un Paese rassegnato all'inefficienza, dove sprechi, ruberie, privilegi sono passivamente accettati in quanto è opinione diffusa che "non ci sia limite al peggio". Nelle sue riflessioni risuona chiaramente un dibattito in corso di particolare importanza: se siano i soli fattori economici e finanziari, separati dalle relazioni sociali, dalla creazione del capitale umano e dalla cultura, a generare sviluppo e benessere, o se questi ultimi fattori non siano cruciali per la storia e l’evoluzione di una società. “Facciamo un piccolo esperimento mentale: immaginiamo che l’Olanda sia invasa dall’acqua per una parte importante del suo territorio. Facciamo andare avanti la freccia del tempo e pensiamo di tornare in Olanda cinquant’anni dopo. Che cosa troveremmo? Deserto e macerie o un mondo ricostruito, efficiente e vivibile? La seconda risposta è la più probabile. E perché? Per il fatto che la distruzione materiale non neutralizzerebbe le capacità, i valori, l’acquisività, la progettualità, lo stile e la cultura applicata di cui gli olandesi mostrano di essere storicamente portatori attivi”. Investire in ricerca e conoscenza, quindi, può essere la via per lo sviluppo delle capacità e dei valori progettuali in una società? “Non solo per la crescita dei fattori interni e delle capacità proprie, ma anche per attrarre investimenti e talenti. In Italia il fattore attrattivo è crollato, negli ultimi tempi, al settantatreesimo posto. Un acceleratore di sviluppo, anche distinto dalla crescita, in quanto capace di apertura e di dialogo tra le differenze in un mondo allargato, risulta così altamente penalizzato”. Quale può essere, quindi, il ruolo di una politica capace di governare? “Liberare potenzialità; rimuovere ostacoli; sostenere la ricerca e lo sviluppo delle capacità. Non si tratta solo di promettere di abbassare le tasse per uscire dal tunnel. Ma la politica non è tutto: serve se agisce principalmente sul ‘software’. E quel ‘software’ si crea con il tempo e l’investimento in ricerca e educazione. Se si vuole evitare una normalizzazione verso il basso, bisogna investire in capitale umano e sociale. Se io fossi un insegnante mi porrei come regista della classe e farei entrare dall’esterno più cose possibili. Non basta perciò fissarsi sulle regole e le tecniche: è necessario creare nel tempo il carburante per farle funzionare”. La politica non è tutto: serve se libera capacità e progetti”. Si sente spesso chiedersi a cosa serve la ricerca e a cosa servono gli investimenti in educazione e cultura. Quella domanda rivela una visione troppo corta, per bastare al presente in cui viviamo. I fattori che possono fungere da acceleratori, come li definisce Piero Angela, si creano nel tempo e fanno la differenza. Se poi la ricerca riguarda proprio i modi in cui, diciamo così, funzionano il cervello e la mente nelle diverse espressioni dell’essere e dell’agire umani, allora conviene decisamente potenziare scelte già fatte e mettere in rete i risultati conseguiti e conseguibili. |