Dove va l'organizzazione delle imprese
Capacità organizzativa e forme emergenti in tempo di crisi, nello studio di Enrico Zaninotto e Marco Zamarian


Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc


Di tutte le questioni che si affrontano quotidianamente parlando della crisi in corso, forse la più trascurata riguarda la capacità organizzativa. Secondo il volume appena pubblicato di Enrico Zaninotto e Marco Zamarian, due studiosi, professori dell’Università di Trento, Organizzare. L’impresa tra forme emergenti e progetto, Il Mulino, Bologna 2012, organizzare significa intervenire sulle condizioni che possono influenzare e aiutare le azioni proprie e altrui, per renderle più efficaci, prevedibili e ordinate rispetto a un obiettivo. Ebbene, forse solo la formazione e lo sviluppo delle conoscenze disponibili, delle competenze e della professionalità ricevono meno attenzione della cura delle capacità organizzative, nella gestione delle imprese, o parlando di crisi e dei modi di uscire dalla crisi in corso. La modernità e l’attualità dell’approccio scientifico rendono il libro dei due studiosi particolarmente adatto a comprendere l’organizzazione aziendale oggi. L’esigenza di ampliare lo sguardo dell’economia agli studi sull’evoluzione e sulla cognizione umana è riconosciuta partendo dall’assunto che noi esseri umani siamo una “specie cooperativa”. La relazionalità con gli altri è una caratteristica specie specifica frutto dell’evoluzione. Certo ciò non genera una garanzia di efficacia cooperativa, come è facile osservare nella vita di tutti i giorni nelle situazioni lavorative e nella vita sociale. Molteplici fattori d’incertezza intervengono a rendere necessario un continuo coordinamento e un continuo tentativo di controllo delle dinamiche conflittuali, opportunistiche e difformi. Quelle dinamiche sono parte della vita stessa dell’organizzazione. Come sostengono gli autori, infatti, la vita organizzativa come si può osservare a un momento dato in un’impresa o in un’istituzione, non dipende solo dalla razionalità dei progetti e dei processi, ma anche dalle proprietà emergenti che sono “frutto spontaneo delle interazioni” tra gli individui che vivono nelle organizzazioni. Gli autori efficacemente scrivono: “Quanto osserviamo , strutturato e reificato in organizzazioni, è il frutto dell’ interazione tra attività coscienti di organizzazione e di emergenza spontanea di regole e di strutture”. Gestire le organizzazioni e intervenire in esse vuol dire perciò non trascurare il fatto che si ha a che fare con un organismo vivente che vive in quanto evolve e che reagisce a ogni azione in modo in parte determinabile e in parte non completamente controllabile. Si tratta di un passo avanti molto importante che si avvale dell’evoluzione degli studi organizzativi degli ultimi anni e di un quanto mai opportuno approccio interdisciplinare. Un passo che indica il fatto che la flessibilità e l’apprendimento nelle organizzazioni non sono solo una scelta e un progetto, ma prima di tutto sono caratteri costitutivi con cui imparare a rapportarsi. Le implicazioni manageriali sono molto importanti: da una visione generalista di una pratica manageriale buona per tutte le stagioni e per ogni impresa o settore di attività, si profila un’azione manageriale situata e attenta alle contingenze evolutive delle situazioni e dei contesti. Non solo. Il contributo di Zaninotto e Zamrian è attraversato anche da un’attenta riconsiderazione del dualismo che ha caratterizzato buona parte degli studi organizzativi, separando il comportamento cooperativo umano tra corpo e mente; ragione e emozioni; tecniche e valori. Come aveva evidenziato il filosofo e storico della scienza Alexandre Koyré, un certo modo di pensare alla scienza e alla conoscenza è responsabile di «aver spaccato il mondo in due», «sostituendo al nostro mondo delle qualità e delle percezioni sensibili, il mondo che è il teatro della nostra vita, delle nostre passioni e della nostra morte, un altro mondo, il mondo della quantità, della geometria reificata, nel quale, sebbene vi sia posto per ogni cosa, non vi è posto per l’uomo. Così il mondo della scienza – il mondo reale – divenne estraneo e si differenziò profondamente da quello della vita che la scienza non era stata capace di spiegare, neppure definendolo “soggettivo”». Da tutto ciò ne è derivata una catena di dualismi: tra mente e corpo, tra individuo e ambiente, tra osservatore ed eventi osservati, tra materiale e immateriale, tra la dimensione della presenza misurabile e quella dell’assenza imponderabile. L’incertezza e l’imprevedibilità relativa sono costitutive delle relazioni cooperative e l’attenzione degli autori all’organizzazione come forma emergente al punto d’incontro tra fattori determinabili e fattori che emergono, appunto, dalle interdipendenze relazionali, rappresenta un contributo originale e importante allo studio della vita organizzativa. Come fanno una persona o un gruppo a contare sul lavoro specializzato di un’altra persona o di un altro gruppo? Una domanda apparentemente semplice richiama la centralità dell’analisi delle interdipendenze negli studi e nelle prassi organizzative. La relativa e provvisoria stabilità su cui un’organizzazione si regge richiede attente considerazioni delle motivazioni individuali e dei loro modi di combinarsi con le regole e le procedure organizzative. Una preoccupazione degli autori è l’analisi delle condizioni di allineamento degli obiettivi individuali. Potremmo dire che organizzare è cercare le condizioni mediante le quali ogni “io” diventa un “noi”. Com’è noto si tratta di una delle questioni più critiche e impegnative da comprendere e uno degli aspetti più critici dell’agire manageriale. Si pensi solo, come gli autori indicano, al conflitto fra gli obiettivi. Vi è uno stretto rapporto fra gli obiettivi e le aspettative individuali, alla base della motivazione, e tra le aspettative e i percorsi di soluzione dei problemi. Allineare questi ultimi aspetti vuol dire misurarsi con i limiti della razionalità umana e con il valore della diversità e dell’apprendimento. Gli autori esprimono su tali temi una delle parti più moderne e aggiornate del libro e un contributo rilevante per innovare le teorie e le prassi organizzative. L’ultima parte del volume è dedicata alla progettualità organizzativa e l’ipotesi che organizzare significhi dare forma all’emergenza riesce a fare sintesi interdisciplinare di intere tradizione di studi sul tema. Gli autori approfondiscono, in proposito, alcuni dei più importanti vincoli e possibilità di generare cambiamento organizzativo e di gestirlo. Una questione cruciale in questo tempo di profonde trasformazioni, i cui esiti dipendono in maniera significativa da come riusciremo a tenere conto delle capacità organizzative, modernizzandole e valorizzandole.