Il Mart e lo sviluppo locale

Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc


Il Mart di Rovereto in questi giorni è sulle cronache di mezzo mondo, e giustamente, per ragioni che dovrebbero far riflettere, non tanto e solo chi governa un sistema locale come quello trentino, che le sue scelte lungimiranti già ha mostrato di farle. Proprio in questi stessi giorni vengono, infatti, consegnate le chiavi del Muse, il nuovo Museo di scienze, altro tassello prestigioso dell’identità nuova di un Trentino che dialoga con il mondo. La riflessione necessaria riguarda i cittadini trentini e, tra loro, in particolar modo gli operatori economici. Nel programma del Mart campeggia Umberto Melotti. Si continua a sentir parlare in ogni situazione dell’importanza di valorizzare le espressioni locali collocandosi in un contesto globale. È noto a tutti che Melotti è nato a Rovereto e che la sua fama riguarda il mondo intero. Occuparsene sia con la collocazione della sua opera nel giardino del Mart che con l’esposizione in corso significa molte cose, tra le quali indicare una pista: la connessione necessaria tra locale e globale come via per far vivere all’altezza dei tempi le comunità locali, i territori e le loro economie. Ma per un seminatore, in questo caso il Mart, c’è chi si occupa di preparare la terra, di curare la crescita della piantine seminate, di assisterle nella loro maturazione e, quindi, di raccoglierne i frutti? Se si continua nella metafora agricola, l’impressione reiterata nel tempo è che ci sia una concentrazione a contare quanti frutti si raccolgono, trascurando tutto quello che viene prima e, soprattutto, la crescita professionale e le competenze intraprenditive degli agricoltori. Più che il colere, l’arte del coltivare, così ben descritta nel magnifico classico latino scritto da Columella, l’attenzione espressa è quella dei tempi dell’economia dei raccoglitori, in cui si prendeva quello che si trovava, procedendo per prove ed errori. La fatica di prepararsi, di formarsi, e il sudore della fronte della cura delle colture sembrano poco considerate e la realtà locale, immobile, attende. O si consegna all’ennesima trovata, ogni volta quella del secolo, senza mai pensare a partire da se stessi e da un nuovo e inedito modo di mettersi in gioco. In chi fa il lavoro culturale, come nel caso di eccellenza del Mart, c’è non solo perizia progettuale e comunicativa ma anche una forte e decisa propensione al dialogo con la realtà locale. Ma dialogo ha dentro “dia”: bisogna essere in due per ottenere i risultati auspicati. Uno, il Mart, fa al meglio il Museo e lo fa con programmi articolati che conquistano l’attenzione nazionale e internazionale. Lo fa partendo, come in questo caso con Melotti, dal meglio delle connessioni con la realtà locale e le sue espressioni più alte. Si attende un segno, un colpo d’ala, un salto di qualità dagli altri, gli operatori economici, in questo tempo di crisi, per curare le sementi messe a dimora e tramutarle in piante fruttifere.