Conformismo, democrazia e innovazione Di Ugo Morelli. Archivio Sezione Hic et Nunc Viene un tempo in cui uno si chiede se sia opportuno scrivere o tacere. Quello non è un bel tempo per la civiltà e la democrazia. Tacere non per opportunismo o codardia ma per l’insinuazione di un sentimento di inutilità del parlare e dello scrivere o dei fraintendimenti che si possono generare. Eppure dovrebbe essere facile capire chi aiuta coloro che governano con la critica partecipe e responsabile, e chi invece non li aiuta per niente con il conformismo compiacente, tipico di molti sedicenti intellettuali del nostro tempo che partecipano volentieri ai banchetti dei principi in cambio di accondiscendenti posizioni. “Dove il conformismo è considerato un ideale, la poesia non è la benvenuta”, scrive Charles Simic in un aureo libretto appena pubblicato da Adelphi: Il mostro nel suo labirinto. La poesia, la poesia, si potrebbe dire. Cosa c’entra con le crude realtà della vita e, soprattutto, con la durezza del presente che richiede coprifuochi, leggi marziali e rispetto delle cause di forza maggiore. E invece no. Proprio la poesia (la parola all’origine vuol dire “fare”), quell’arte di fare la cosa giusta come frutto della riflessione più approfondita, del ritorno del pensiero su se stesso, del pensiero lento e meditato, potrebbe aiutare a capire se ciò che facciamo oggi, all’insegna del consenso che può anche essere plebiscitario, sarà ciò che andrà bene domani, alla luce delle conseguenze delle nostre stesse scelte. Nessuno lo sa, ovviamente, né si può invocare la storia come maestra di vita. Ha dimostrato troppo volte di non esserlo. Qualche effetto della continuità insistita e esasperata, in nome di quella necessità esibita che secondo Carl Schmitt autorizza al “potere sovra legale”, si può immaginare, a partire da quello che abbiamo sotto gli occhi. Si vede, a ben guardare, una stagnazione dell’innovazione in molti campi. Una mediocrità non aurea, come ha evidenziato il direttore di questo giornale, caratterizza le professioni in molti settori e porta a cercare soluzioni opportunistiche, ancora una volta all’insegna del consenso, senza mettere mano ai problemi veri. Un esempio viene dalla bassa qualità dell’offerta commerciale dei centri storici locali che è affrontata con l’ipotesi di aprire la domenica. Opportunamente il delegato pastorale don Rodolfo Pizzolli evidenzia il paradosso e si chiede se questa è la via in un tempo come quello attuale. Si vede un’assenza di strategia in grado di valorizzare la distinzione specifica dei diversi comparti dell’economia e della società, riflettendo su quale modernizzazione sia necessaria, per non disperdere distinzione e differenze qualitative in processi imitativi che già si rivelano molto problematici. Si vede un’identificazione delle forme di governo con il consenso, che non può più, nel tempo del marketing della politica, basato sull’organizzazione degli interessi, essere indicato come un processo perfetto. Se così fosse non avremmo la crisi della democrazia che è sotto gli occhi di tutti e che si trasforma in crisi dell’economia e della società. L’attesa è che ci sia almeno consapevolezza di queste criticità e che emerga la responsabilità di ascoltare, non solo chi lega l’asino dove vuole il padrone. |