D UNO E ovvero l’incompletezza dell’uno Di Ugo Morelli. Archivio Sezione Hic et Nunc Non riusciva a evitare di esporsi. Proprio non ce la faceva. Ogni volta assisteva al modo in cui si metteva in gioco, iniziando col dire qualcosa di sé, per poi andare oltre e non trattenersi più. Per finire come al solito col mettere in piazza tutta la sua vita, o quello che era il suo racconto della sua vita. Quella volta però aveva esagerato. Per questo aveva deciso di dirglielo. Non sapeva come cominciare ma gli disse comunque che non gli piaceva quel suo modo di fare. Si trovò di fronte a una reazione sorpresa. Cosa aveva fatto di male? fu la prima risposta in forma di domanda. Che bisogno hai di parlare di te, delle tue cose anche più intime, fino a quel punto, incalzò. Più volte ti ho detto che diventi osceno. Non me ne accorgo. È nella mia natura. Mi sento attratto dagli altri. Mi pare che se lo aspettino. È come se mi aprissero uno spazio dove mi sento calamitato. Eh! Sì, ti vedo, diventi un altro, non ti trattieni più. Proprio così, divento l’altro e non riesco a contenermi. Sì, ma perché portare tutto fuori, senza alcun limite? Non lo so. Quello che so è che mentre porto fuori, come dici tu, è proprio allora che mi sento finalmente me stesso. È l’altro la condizione per essere quel me stesso che sto raccontando. Ma la tua vita intima, quello spazio interno dove tu sei tu!? Io sono io, spazio intimo incluso, proprio quando lo dico a un altro. Quel pudore di cui parli tu è solo un freno. Guarda che cambi in parte anche le versioni del tuo esporti! Ah! Lo so. Ogni volta sono quello che racconto e le sfumature che fanno la differenza sono forse la parte più vera di me. Mi chiedo che ti parlo a fare, se sei così convinto. Il fatto è che non sono convinto; semplicemente sono e mi accorgo di me e di quel che sono quando mi vedo negli occhi di chi mi ascolta. Cosa vuoi dire? Non capisco! Voglio dire che tu, ora, ad esempio, mentre mi rimproveri, non stai forse accorgendoti di te, di un aspetto di te, di come sei fatto? Non stai forse mettendo fuori la tua ossessione per la riservatezza? Forse hai ragione, non c’avevo pensato. E non desideri anche tu che gli altri ti vedano e conoscano meglio, fino in fondo, per vederti finalmente nel loro specchio? Non ti stai vedendo un po’ in me, ora, qui, mentre ti dico queste cose? Devo riconoscere che hai ragione. Anzi mi dispiace di averti rimproverato. No, mi hai fatto riflettere su me stesso, da solo non ci sarei riuscito. A volte mi chiedo chi sei e da dove arrivi con i tuoi affondi nella mia vita. Anche io mi chiedo perché mi sento così impegnato a occuparmi di te. Di te o di me? Non capisco più! Di noi, forse? Ma se sono sempre io, io e te allo stesso tempo, e tanti altri che sono venuti, sono qui e arriveranno? Il fatto è che per essere uno bisogna essere almeno due, che non esiste un io senza un noi.
Anna Achmatova C’è nell’intimità degli uomini un confine Pietroburgo, Maggio 1915 |