Paesaggi storici Di Ugo Morelli. Archivio Sezione Hic et Nunc Quando si parla di paesaggi si pensa immediatamente e quasi esclusivamente ai cosiddetti paesaggi naturali: boschi, montagne, fiumi e valli. I paesaggi fatti ad arte dagli esseri umani, che per questo chiamiamo artificiali, ricevono minore considerazione. Eppure non solo la distinzione tra paesaggi naturali e artificiali non ha senso, in quanto ogni paesaggio è frutto dell’azione e della percezione dell’uomo, ma i paesaggi della nostra vita sono fatti ad arte soprattutto dove e quando l’azione umana si è sedimentata nel tempo. È questo il caso dei centri storici. Ci sarebbe da chiedersi come mai in tempi di celebrazione, a volte francamente insostenibile, della tradizione, i centri storici vivono una strana schizofrenia. Da un lato sono stati e sono oggetto di azioni conservative anche molto impegnative sul piano urbanistico e architettonico; dall’altro sono utilizzati sul piano sociale e amministrativo come vetrine di eventi di ogni tipo, spesso senza distinzione e continuità. Finiscono così per assumere la connotazione di quinte teatrali di avanspettacolo o, paradossalmente, di periferie che, finita la festa, cadono nell’abbandono e divengono deserti. Il problema è molto diffuso. In realtà come il Trentino, dove una fitta rete di centri storici piccoli e grandi è stata sede della fondazione d’identità e distinzione, le cose non vanno diversamente. Anzi, l’uso e l’abuso per scopi diversi ma quasi del tutto commerciali, del patrimonio storico-urbanistico, ne fa spesso un paesaggio invaso dalle automobili, e da iniziative cosiddette culturali, seriali e non certo distintive. Quando non si aggiunge al tutto una sorta di fossilizzazione derivante dall’appartenenza a qualche circuito organizzato che dovrebbe di per sé generare valore. Al di là delle differenze che certamente ci sono, riemerge per l'ennesima volta la questione che la cultura, se è tale, deve prima di tutto emancipare le mentalità e lo stile di chi vive nei luoghi. Diversamente è celebrata solo se diventa volano economico, o vituperata perché con essa non si mangia. I contesti invece andrebbero creati con criteri di vivibilità, di apertura, e di emancipazione. A partire da una riflessione sui paesaggi dei centri storici, da un confronto con soluzioni contingenti e rivolte al contesto in cui ci si trova ad operare, fino alle possibilità di un ripensamento per la produzione di nuove "estetiche” e funzioni. Dovrebbero essere invitati a partecipare nella ricerca di progetti di valorizzazione i soggetti pubblici e privati che sono responsabili dei luoghi. Il loro ruolo responsabile è decisivo nella progettazione e realizzazione di interventi ad hoc che rispondano a criteri di distinzione, sostenibilità, innovazione e interdisciplinarietà. Al centro, però, dovrebbe esserci un orientamento al bene comune, che riguardi in primo luogo la tutela del patrimonio dei centri storici nel tempo, del loro valore simbolico che, prima di tutto, richiede di essere maneggiato con cura, ricordandosi che chi ha creato la loro bellezza lo ha fatto rinunciando almeno in parte all’egoismo e per il bene delle generazioni a venire.
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