Libertà di pensiero

Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc

Palesando un integralismo da brivido, un uomo politico locale ha affermato di fatto ciò che cercava di dissimulare, a proposito della negazione di uno spazio di comunicazione a Margherita Hack. In Trentino. In alcun modo si commette un reato, men che meno penale, discutendo una norma vigente. E allora che cosa sta succedendo? Perché si nega la libertà di pensiero in uno spazio che esiste grazie ai contributi dei cittadini? Al centro della questione è il modo in cui si forma l’opinione pubblica e il rapporto tra opinione pubblica, libertà e civiltà. La segregazione razziale negli Stati Uniti era regolata da leggi: come si è arrivati a cambiare quelle leggi? Ci sono Stati che praticano, per legge, la pena di morte: come si può arrivare ad abolirla giungendo finalmente ad una maggiore civiltà? Solo facendo in modo che si formi un’opinione pubblica mediante il confronto delle voci. Fosse anche una, la voce che intende discutere il testamento biologico, quella voce deve potersi esprimere insieme alle altre voci, in modo da creare le condizioni per giungere a confermare o cambiare le norme vigenti. Il fatto è che la voce in questione non è una e il dialogo delle voci non è, evidentemente, nelle corde di chi vuole il silenzio. O, per sua scelta, ritiene non discutibile o regolabile da leggi umane la questione del testamento biologico. Libero di farlo ma non di negare la possibilità di farlo a chi vuole farlo. Tanto più grave è il problema se una parte della società, su quel tema, esprime indifferenza rispetto all’altra che intende approfondire la questione. L’indifferenza è una forma di negazione del dialogo e della mediazione. La negazione della mediazione può essere funesta, anche per chi la pratica. In quanto nega il fatto elementare che ognuno di noi e ogni gruppo sociale si individua mediante l’altro o gli altri. Negare la mediazione e il dialogo vuol dire ostacolare il pensiero, che è sempre figlio di complesse mediazioni. A meno che non si abbia l’uso della forza per cercare di impedire di pensare, ma alla lunga non funziona e a rimetterci, di solito, è anche chi si ostina a negare il confronto a livello di opinione pubblica. Prima ancora che il confronto, tra l’altro, ad essere decisive sono le domande e la possibilità di farsele; è il dubbio e la possibilità di esercitarlo. Un importante studioso della psicologia umana come Wilfred Rupert Bion ha scritto: “Io sono : perciò faccio domande”. Noi siamo gli esseri che fanno domande; questo ci caratterizza come umani. E ci distinguiamo tra coloro che se le fanno e le fanno, abitando la ricerca delle risposte, e coloro che le negano sul nascere perché danno spazio all’angoscia della certezza e trattano il dubbio come peccato. Se non esiste il linguaggio per elaborare le emozioni il pensiero è impossibile, e si mette in discussione anche la libertà e la democrazia. Giovanni Pascuzzi, sabato scorso su questo giornale, ha posto la cruciale questione della responsabilità di chi ha potere e ha un ruolo pubblico. Sarebbe molto importante che quella indicazione fosse tenuta sempre presente.