Sobrietà

Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc

Lo stile è un gesto verso il mondo; per nulla un fatto esteriore. È un codice di civiltà. Quando degrada, degradiamo tutti. Quando è distintivo diviene un’opportunità di crescita per tutti. Certe cose si possono attendere anche vent’anni. Mentre ci si vergogna nel vedere propri simili esibire arroganza del potere, volgarità e silicone, si arriva persino a pensare che il mondo, forse, è diventato così e non cambierà più. Poi una sera, in una conferenza stampa, mentre annuncia sacrifici resi inevitabili da chi ha mal governato, una signora, nuovo ministro del governo italiano, che porta evidenti i segni degli anni e della fatica, della ricerca e dello studio, passa, senza riuscire a contenere la commozione, dalla sobrietà alle lacrime. Mostra davvero di essere travolto dallo spirito del tempo chi, come qualche giornalista di grido, di fronte all’evento ha trovato il modo di scrivere che “anche i tecnici hanno un’ anima”. Come se i cosiddetti “politici” ne avessero una per statuto. Basterebbe informarsi per verificare che la ministra Fornero aveva abbandonato la sala Verde durante le consultazioni per il decreto, quando la delegazione dei giovani, in rappresentanza delle parti sociali, si era presentata composta di soli maschi. In quell’occasione la ministra aveva definito culturalmente sbagliato quell’atteggiamento. Tutt’altro che “un segno di sconfitta”, come il solito solerte giornalista afferma. A noi sembra un segno d’inestimabile valore. Sì di valore. E volendo considerare quali sono i codici valoriali della nostra società locale in questo tempo di difficili scelte, vorremmo invitare noi tutti a riflettere, in primo luogo, sulla sobrietà. Se c’è un valore che ha fondato le società montane, quello è la sobrietà. Sobrio viene dal greco e indica chi è savio, moderato di mente. Richiama chi è temperato nei gusti e fa uso delle cose con discrezione, moderazione, riserva. Non ci vuole molto per riconoscere i fondamenti della lunga storia della gente di montagna e della forte tradizione mitteleuropea delle società alpine, in questi orientamenti di valore. Oggi si parla tanto di “radici”, dimenticando che gli esseri umani non hanno radici. Sono le piante che le hanno. Noi sappiamo farci domande e esercitare il dubbio; sappiamo riflettere su noi stessi e sulla nostra condizione. Ci riconosciamo perciò attraverso le scelte che facciamo con la nostra individuazione continua, a partire da una storia. Per mettere in atto un esame di realtà di questa portata dobbiamo tirare fuori la testa dalla nebbia e accorgerci di qual è il tempo che viviamo. Questo è il tempo della ridefinizione delle misure, in cui si tratta di riprendere i fili della storia e declinarli al presente, evidenziando anche le scelte sbagliate, fatte imitando modelli non appropriati alla nostra realtà e adottando stili inopportuni. Grazie alla sobrietà storica e alla sua valorizzazione distintiva nel presente, grandi possibilità sono pensabili per un sistema locale che voglia distinguersi per stile e prassi appropriate, in un’epoca in cui il vento sembra essere cambiato.