Ugo Morelli e Vittorio Gallese al Festivaletterature di Mantova: La bellezza dentro e fuori, 8 – IX - 2011
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- arte - scienza - sacro - amore - politica Il possibile allo stato puro. La bellezza come proprietà che emerge al punto di incontro tra mondo interno e mondo esterno con la mediazione del principio di immaginazione, possibile per la nostra tensione costitutiva a rinviare all’oltre rispetto all’esistente. La bellezza come possibilità che si esprime con la parola. L’ipotesi difesa con questo contributo è che l’accessibilità alla bellezza, intesa come espressione sufficientemente buona del proprio mondo interno nella relazione con gli altri e il mondo, sia possibile e difficile allo stesso tempo, perché la bellezza è ambigua e accedervi esalta il suo contrario, non lo supera ed elimina. Più s’intensifica la luce, più aumenta la sua separazione dall’ombra; i margini divengono confini e, perciò, più difficili da attraversare. Più alta è l’esperienza di bellezza che si para innanzi, più sembrano ridursi le possibilità e lo spazio del significato e del linguaggio per accedere all’espansione interna richiesta: quell’accesso esige un’apertura all’immediatezza dell’indicibile e allo stesso tempo riduce la resilienza degli equilibri e degli ordini di senso esistenti, esaltando il valore rassicurante di questi ultimi. La bellezza: una via naturale per cercare di comprenderne le manifestazioni: una connessione sufficientemente compiuta tra mondo interno e mondo esterno nella elaborazione del movimento di avvicinamento (avvicinarsi a) e di allontanamento (allontanarsi da) con il mondo, che può confermare o destabilizzare il modello neurofenomenologico di sè. “Nelle scuole filosofiche, in quella pitagorica in special modo - ma non solo, anche in quella eleatica e in altre organizzate a mo’ di confraternite – monasteri contemplativi – l’educazione filosofica non tendeva tanto all’insegnamento dei dogmi filosofici predeterminati della scuola, quanto alla contemplazione attenta e profonda della vita, così da rendere all’anima ‘….. i giorni quando le era nuova / Ogni impressione della vita’, affinchè, come dopo un sonno ristoratore, la mente scorgesse con occhio non prevenuto e limpido l’immagine dorata dell’esistenza e, scortala, si stupisse e, stupitasene, si meravigliasse e, meravigliatasene, ne fosse estasiata e, estasiata, vedesse non già i limiti esteriori dell’esistenza, non le sue fodere polverose, ma ‘la terraferma dell’abisso ubertoso’, le inquietudini creative della vita e ne sfiorasse gli aspetti quotidiani”. [P. A. Florenskij, Stupore e dialettica, Quodlibet, Macerata 2011; ed. orig. Dialektika, 1918 – 1922] L’arte: Rendere visibile l’invisibile. |