Con gli occhi degli altri
Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc
A volte l’intuizione può avere un carattere folgorante quanto inatteso. Accade così che cercando notizie in televisione in una sera londinese di metà luglio si finisca per imbattersi in un servizio di Al Jazeera in cui persone di diverse nazionalità parlano italiano con accento veneto, trentino, bolognese, bergamasco, milanese. I sottotitoli in inglese non lasciano dubbi su cosa stanno dicendo: con dignità e cognizione di causa stanno parlando delle istituzioni italiane, dell’importanza della democrazia, del valore della legge e, in particolare della costituzione, dell’inestimabile vantaggio della libertà e della scuola pubblica, della sanità pubblica e dell’informazione. Ma non è finita. A seguire, il servizio, con un intelligente modo di fare giornalismo, procede a intervistare un campione di italiani residenti nelle stesse regioni che, presentando una sequela di posizioni che negli ultimi anni sono state sostenute da precisi partiti politici, sciorinano, con una lingua italiana discutibile, un repertorio molto noto: la separazione del paese in due, l’autonomia del nord, l’immigrazione flagello nazionale, la purezza della razza padana. Lo spiazzamento è sconcertante. Vista da uno sguardo esterno e stando in un paese diverso dal proprio la situazione appare surreale e quasi comica, se non fosse tragica. Colpisce la lettura unitaria e i vantaggi riconosciuti di essere un paese unito e con istituzioni che danno garanzie di libertà, espresse da chi non è nato in Italia, messi a confronto con i localismi nostrani e con la loro esasperazione ideologica e gridata. Visti dagli occhi degli altri i pensieri localisti nostrani appaiono pretestuosi, frutto di approssimazioni e di non conoscenza, fondati su pregiudizi ripetuti senza riflessione. Emerge chiaramente una proiezione verso il futuro, una progettualità attiva della propria vita e il gusto della libertà e del valore delle istituzioni, il loro rispetto, nelle posizioni degli immigrati che risiedono e lavorano in Italia. Si nota soprattutto la ricerca di appartenenza da parte loro alla lingua e ai costumi dei luoghi in cui vivono e lavorano. Certo, tutto ciò fa parte della loro ricerca di condizioni per essere accettati, ma allo stesso tempo evidenzia il riconoscimento dell’inestimabile valore di essere un paese unito, basato su istituzioni democratiche, con un apparato istituzionale che garantisce appartenenza e sicurezza, chiarezza di diritti e di doveri. Oltre ad aiutarci a riflettere su come si ridefiniscono i principi di cittadinanza e di appartenenza e sulla nostra condizione di donne e uomini di una civiltà planetaria, un’esperienza così suggerisce anche l’importanza di vivere i sistemi locali come laboratori della creazione di una nuova società, aperta e multiculturale, ricca di differenze e vantaggiosa per tutti.
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