Crisi, cooperazione e conflitto

Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc

La sussidiarietà e la reciprocità sono due principi che fanno fatica ad affermarsi e ad essere riconosciuti in modo diffuso. L’invito pressante del presidente Dellai a cambiare atteggiamento e posizione, soprattutto in considerazione della riduzione delle risorse a disposizione dell’autonomia, è sia una necessità del presente che un’opportunità di cambiare. Passare da una posizione di richiesta ad una propositiva e in grado di riconoscere che ogni scelta deve essere concertata con altri e, quindi, condivisa, è difficile. Soprattutto per la forza dell’abitudine. Nessun luogo può chiamarsi fuori. Le condizioni della democrazia in generale e della democrazia economica in particolare, nell’era della globalizzazione, dipendono dalla capacità di partecipazione responsabile e attiva dei sistemi locali e dal rapporto con lo Stato e gli organismi internazionali nel regolare e tutelare gli interessi locali. La Provincia autonoma di Trento, con l’accordo di Milano, sta sperimentando questa nuova situazione. Nella realtà delle valli non è ancora diffusa la sensibilità all’esigenza della concertazione e della condivisione delle scelte. Del resto deve cambiare anche una sensibilità politica che ha spesso agito con la logica delle promesse a fronte di richieste per scopi di consenso. Deve altresì cambiare l’atteggiamento di ognuno nelle scelte individuali e aziendali. Non dovrebbe essere più possibile, ad esempio, avere un ristorante e un bar in piazza Duomo a Trento, che maltratta gli avventori e poi li respinge perché chiude alle tre del pomeriggio. Non dovrebbe essere più possibile spacciare per cultura qualsiasi iniziativa purchè finanziata, individuando finalmente priorità distintive in base alla qualità. Ancor più questo dovrebbe valere per la formazione e gli incentivi alle imprese. Per essere legittime, le istituzioni che ambiscono a governare nell’era della globalizzazione non possono andare contro le scelte economiche dei singoli Stati-nazione che, ancora oggi, costituiscono gli spazi politici che coordinano meglio le preferenze comunitarie e individuali. Così come gli Stati-nazione non possono pensare di agire al di fuori di una necessaria appartenenza a sistemi di governo allargato come quello europeo. Questa fu, in sintesi, anche la tesi sostenuta da Dani Rodrik, professore di Economia politica internazionale alla John F. Kennedy School of Government dell'Università di Harvard, in occasione dell'apertura del Festival dell’economia di Trento. Conviene estendere quella sintesi e sostenere che, probabilmente, solo la partecipazione responsabile e diretta delle popolazioni locali può far vivere la democrazia e creare condizioni di vivibilità basate sullo sviluppo appropriato nel tempo della globalizzazione. Il tema dell’intervento di Rodrik era proprio il futuro della globalizzazione. Se è importante soffermarsi sulla complessa questione della creazione di istituzioni democratiche di governo internazionale dei mercati. mercati che, in questa epoca del cosiddetto "capitalismo 3.0" (iperglobalizzazione), non possono più essere guidati da organismi o regole di stampo nazionale, è bene avere presente che il canale corto della comunicazione e la presa sul territorio più efficace si ha nei sistemi locali. Gli interessi delle popolazioni, come mostra ampiamente l’autonomia, sono rappresentati al meglio a livello locale e, soprattutto, se il livello locale sa avere la vista lunga e guardarsi con gli occhi del mondo. Vi è una sovranità locale da riconoscere a fronte dell’esigenza di forme di governo globale. Le due cose sono complementari e non in contraddizione. Le istituzioni internazionali che vogliono davvero agire nell'ambito del governo della globalizzazione, garantendo allo stesso tempo la libertà di scelta alle nazioni, non devono andare contro la volontà dei singoli Stati, né contro quella dei sistemi locali. Devono invece aiutarli a realizzare i loro obiettivi, rinforzando e coordinando le loro capacità di regolazione di fenomeni globali. Allo stesso tempo i singoli Stati dovrebbero essere in grado di rappresentare le differenze dei sistemi locali al proprio interno e far risalire da essi le condizioni del pluralismo e della democrazia. La reciprocità, la cooperazione e il conflitto sono complementari.

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