Dialogo e cambiamento
Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc
Sembra proprio che la società trentina sia di fronte a una sorta di regolamento di conti con il proprio io collettivo. Una svolta in parte dovuta alla crisi e alla limitazione delle risorse, ma principalmente necessitata dai tempi che stiamo vivendo. In parte trascinata dalla lungimiranza di alcuni governanti, ma presente anche nelle vene della popolazione e capace di rispondere alle sollecitazioni per venir fuori e diventare azione e comportamenti. È il cambiamento richiesto in alcuni settori chiave della nostra vita sociale ed economica, quello a cui siamo di fronte e ci chiede una svolta e una resa dei conti. Saremo capaci di affrontarlo con il dialogo, quel cambiamento? Il turismo, uno dei volani dell’economia; l’urbanistica, il paesaggio e l’internazionalizzazione dell’immagine dolomitica; l’acqua; la cooperazione e l’esigenza di innovare senza perdere l’identità; e sopra tutto la conoscenza e l’emancipazione divenendo identificati con la conoscenza e la cultura; sono solo alcuni esempi di cambiamento di portata enorme che abbiamo di fronte. Possiamo far finta di niente; scontrarci o dialogare: tanto il cambiamento ci sarà lo stesso, di portata globale, e noi potremo essere protagonisti o subalterni; co-decisori delle scelte o gregari. L’occasione è davvero epocale e il Trentino del futuro può distinguersi in modo originale ed essere terra di elevata vivibilità per i propri figli se saprà affrontare, con il dialogo, il cambiamento. Solo dal dialogo può scaturire una partecipazione attiva come via del cambiamento. Il dialogo – dià logos equivale a parola che attraversa le individualità e le connette, richiama la parola che va e viene – è il discorso che si sviluppa a più voci, a partire da una che si rivolge a un’altra e l’altra che le presta attenzione, per ritornare indietro e ricominciare, o daccapo se necessario, senza che si sappia dove porterà e se porterà da qualche parte. Potrebbe perfino accadere che alla fine, ciascuno debba andarsene per la sua strada, come se nulla fosse accaduto. Ogni dialogo veritiero, perciò, è una scommessa. Sebbene presupponga uno scopo cooperativo e una disponibilità a mettere in gioco le proprie idee per cercarne insieme di nuove, l’esito di ogni dialogo è aperto. Questi pensieri sono presenti anche nel recente dialogo sulla democrazia di Gustavo Zagrebelsky con Ezio Mauro. Dialogo e conflitto divengono sinonimi in un simile orientamento e lo sono di fatto nella nostra esperienza vissuta. Se per esistere noi assumiamo una posizione, quella posizione tendiamo a difenderla ad ogni piè sospinto. Da qui derivano i vincoli e le possibilità di cambiare idea, ovvero il dramma di cambiare idea. E tuttavia possiamo avere un’idea e cambiare idea perché siamo capaci di concepire quello che ancora non c’è e di inventarlo. Questo ci è richiesto oggi: una giusta tensione con l’esistente e una sostanziale creatività applicata alle nostre vite e al nostro mondo. Perché ereditare la tradizione è ascoltare ciò che ci manca. È al dialogo e alla partecipazione attiva che siamo tutti responsabilmente chiamati.
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