Se comanda la paura

di Ugo Morelli
Archivio Sezione Hic et Nunc

Ci sono due modi, tra gli altri, per garantirsi successi d’immagine, altra cosa sono i fatti.
Ma l’immagine, si sa, in situazioni di vuoto è quasi tutto. Quei due modi sono: sparare nel mucchio e creare capri espiatori. Visti da una realtà dove l’autonomia scolastica consente distinzioni rilevanti, gli esiti degli esami di maturità e l’aumento delle bocciature assume già di per sé il tono di una sconfitta. Ma ancor più grave appare la propaganda che intende proporre quella sconfitta come un successo basato sul ritorno della serietà e del merito nella scuola. In un tempo in cui comanda la paura, è bene accorgersi che la pratica della paura è il contrario di ogni forma di educazione. Quando si risponde al disorientamento che la crisi dei sistemi educativi, dalla società, alla famiglia, alla scuola, producono, con un sistema giudicante e minacciante che genera ulteriore esclusione, la scuola ha già fallito. Così come quando si risponde alla presenza dei clandestini immigrati con la violenza dei respingimenti e le ronde, cioè con leggi “irragionevoli” come le ha definite il Capo dello Stato, lo stato repubblicano ha già fallito sul proprio terreno. La Repubblica “rimuove gli ostacoli” alla realizzazione individuale, non minaccia, condanna ed esclude. Ma si sa che l’effetto emozionale e propagandistico di queste “soluzioni” risulta oggi particolarmente appagante per la popolazione nella sua maggioranza e non ci sono segnali di risveglio. Una realtà autonoma come quella locale consente un osservatorio almeno in parte diverso. E cosa si vede? In particolare che il gradimento non va confuso con la valutazione. Ogni valutazione è tale, e soprattutto seria, se comprende un’autovalutazione da parte di chi valuta, una valutazione non solo del singolo ma degli obiettivi del sistema che valuta, e una valutazione dell’altro. A scanso di equivoci, qui non si sta sostenendo che gli studenti non hanno responsabilità. Ne hanno di specifiche ed è proprio il modo di aiutarli a riconoscerle che è in discussione. Non è con un certo tipo di manovra a spinta che la scuola farà riconoscere agli studenti il valore dell’educazione e dell’impegno. Non è con il gioco del gatto e del topo che si aiuterà le giovani generazioni a riconoscere l’indispensabile valore dell’educazione e della formazione oggi. Se uno di noi andasse in ospedale per la riabilitazione di un arto e quell’arto gli venisse amputato con la spiegazione che l’istituzione non è stata capace di riabilitarlo, a dir poco non sarebbe contento. Alla stessa maniera l’esclusione scolastica che appaga gli ignoranti di corta vista, mostra il fallimento di un certo modo di intendere la scuola, e la sua misura è il tipo di società che questa scuola prepara nell’era della crucialità della conoscenza per ogni società e ogni economia.